Sono
dovuti agli squilibri delle condizioni economiche tra un paese e
l'altro o tra una regione e l'altra (esempio: emigrazione dal Sud Italia verso le
città industrializzate del Nord negli anni '50).
Chi
emigra sfugge solitamente ad un condizione di povertà e va
all'estero per guadagnare abbastanza per mantenere la propria
famiglia.
In
altri casi si verificano emigrazioni per sfuggire alla guerra o alle
persecuzioni.
Per
quanto riguarda i flussi migratori internazionali essi si verificano
fra i paesi dell'Asia e dell'Africa verso l'Europa e il Nord America.
Rispetto ai grandi flussi migratori dei primi del '900 che hanno coinvolto migliaia di persone, oggi sono cambiate fondamentalmente due cose:
- i paesi ospitanti hanno imposto delle restrizioni sulla possibilità di risiedere PERMANENTEMENTE nel paese, quindi l'emigrazione è spesso temporanea o soggetta a determinate condizioni (acquisto casa, lavoro fisso, matrimonio ad esempio)
- il livello culturale degli emigranti è molto cambiato: oggi molti hanno un grado d'istruzione medio-superiore mentre un tempo erano poveri contadini o operai praticamente analfabeti.
Nonostante
questo, gli emigrati sono spesso impiegati in lavori inferiori al
loro livello culturale o alla loro qualifica: quindi capita che un
medico egiziano si ritrovi a raccogliere i pomodori in Basilicata.
Inoltre
è ancora molto diffuso il lavoro nero, che non garantisce al
lavoratore una paga decente e neppure condizioni di sicurezza
accettabili.
C'è
poi un'emigrazione di tipo “politico” che avviene quando la
popolazione di un paese in guerra fugge per salvarsi la vita. In
questo caso si parla di profughi di guerra. Recentemente Lampedusa è
stata teatro di decine di sbarchi di persone che cercavano si
sfuggire agli orrori della guerra in nord africa.
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