venerdì 21 maggio 2021

TESINA SUI FUMETTI

Storia= Breve excursus sulla storia del fumetto dalle origini ad oggi
Geografia=La globalizzazione
Italiano=Italo Calvino "L'origine degli uccelli" 
Inglese= Walt Disney
Francese=Asterix
Scienze=Le forze 
Tecnologia=I software per creare fumetti
Arte=L'artista Roy Liechtenstein
Musica="Hanno ucciso l'uomo ragno" 883
Ed. Fisica=Il body building


ALTERNATIVE 


Storia= La Guerra Fredda (gli anni '50/'60 sono il periodo in cui il fumetto si diffonde maggiormente)
Geografia= Il Giappone
Geografia= Gli USA (Capitan America)
Italiano= I manga giapponesi
Italiano= Le onomatopee e le altre figure retoriche utilizzate nei fumetti
Italiano "1984" George Orwell 
Inglese= La Marvel Comics
Inglese= I Peanuts                                
Francese= Tintin
Francese= I Barbapapà
Francese= La bande dessinèe
Scienze= L'energia
Scienze= Magneto e il magnetismo
Scienze= L'elettricità (Eta Beta di Topolino)
Tecnologia= La digitalizzazione dei fumetti
Arte= La Pop Art
Musica= A questo link moltissimi esempi di canzoni che riguardano i fumetti



martedì 18 maggio 2021

PARAFRASI CAPITOLO XV MACHIAVELLI QUALITA' DEL PRINCIPE

Sintesi

In questo capitolo, Machiavelli introduce il tema che occuperà gran parte del trattato e cioè come dovrebbero agire i principi nei confronti dei sudditi e degli alleati e raccomanda di imparare ad essere anche "cattivi" invece di cercare di essere sempre buoni, virtuosi ed onesti. 
Sa di andare contro una lunga tradizione di autori precedenti che hanno consigliato e raccomandato ai governanti di essere modelli di virtù, di conservare i più alti standard morali e dare prova di essere governanti sempre affidabili, generosi e misericordiosi.  
Machiavelli dichiara che questo va bene se sei un principe immaginario che vive in un mondo perfetto e irreale, ma nel mondo reale un principe è circondato da persone senza scrupoli e deve competere con loro se vuole sopravvivere. Per dirla in termini moderni, deve imparare a nuotare con gli squali e quindi il principe deve imparare ad essere anche cattivo e a utilizzare questa conoscenza come strumento per mantenere il suo potere. Machiavelli riconosce che i Principi sono sempre sotto gli occhi di tutti e che il loro comportamento influenzando la loro immagine pubblica e la loro reputazione e quindi sarà determinante per riuscire a mantenere il potere. 
In quest'ottica, l'autore sostiene che è bene evitare tutti i vizi, ma visto che è impossibile non averne nessuno, allora bisogna che il Principe cerchi di evitare quelli che danneggeranno più gravemente la sua reputazione e, di conseguenza, il suo potere


Parafrasi

Motivi per cui gli uomini, e soprattutto i governanti, sono amati o odiati

Rimane ora da esaminare il modo in cui un Principe debba comportarsi coi propri sudditi e con gli alleati. E siccome so che molti hanno già trattato questa materia, temo che, scrivendone anche io, sarò considerato un presuntuoso, visto che le mie idee si allontanano (partendomi) molto da quanto hanno sostenuto tutti gli altri.
Però visto che la mia intenzione è quella di scrivere qualcosa che sia utile per chi legge, ho ritenuto più saggio osservare la realtà, piuttosto che l'idealizzazione della realtà: molti hanno immaginato repubbliche e principati che non sono mai stati né conosciuti né visti [cioè non sono mai esistiti], perché nessuno è tanto lontano da sapere come si debba vivere realmente come colui che dimentica quello che fa per seguire quello che si dovrebbe fare e così va incontro alla rovina piuttosto che alla stabilità; perché se un uomo vuole sempre comportarsi come un buono in tutte le cose che fa è meglio che finisca in mezzo a quelli che buoni non sono. 
E proprio questo è necessario per un Principe che voglia tenere saldo il suo potere: imparare a non essere buono e a usare questa capacità se necessario. 
Lasciando stare quindi tutte le cose ideali che si sono immaginate per un Principe, e parlando invece delle cose reali, penso che quando si parla degli uomini e soprattutto dei Principi, visto che sono sotto gli occhi di tutti, essi vengono considerati per alcune qualità che danno loro biasimo o ammirazione; alcuni sono considerati come liberali, alcuni invece miseri, usando un termine del dialetto toscano (perché avaro nel nostro dialetto è colui che, con la disonestà, vuole accrescere le proprie ricchezze, mentre misero è quello fa fatica a spenderle), altri sono considerati generosi, altri avidi; alcuni crudeli, altri pietosi; certi traditori, altri fedeli; uno debole e pauroso, l'altro feroce e livoroso; uno umano, l'altro superbo; uno lussurioso, l'altro casto; uno moralmente onesto, l'altro astuto; uno rigido, l'altro malleabile; uno pesante, l'altro leggero; uno religioso, l'altro non credente e così via. 
So che tutti pensano che per un Principe sarebbe una cosa importantissima avere tutte le buone caratteristiche sopracitate, ma poiché non è possibile averle né osservarle in un solo uomo, poiché le condizioni umane non lo permettono, è necessario che sia sufficientemente prudente da sapere come evitare quei vizi che gli farebbero perdere il potere; e anche di tenersi lontano, se possibile, da quelli che non glielo farebbero perdere; ma non essendo possibile, può abbandonarsi ad essi con meno esitazione. 
E ancora, non abbia paura di cadere nell'infamia per aver seguito quei vizi senza i quali lo stato può difficilmente essere salvato, perché considerando bene tutto, si scoprirà che qualcosa che sembra virtù, una volta seguita, può diventare la propria rovina; mentre qualcos'altro, che sembra vizio, se seguita può portare sicurezza e prosperità.


domenica 9 maggio 2021

10 FRASI CON IL COMPLEMENTO OGGETTO INTERNO

Alcune frasi che contengono un complemento oggetto interno

1)Mio padre ha vissuto una vita avventurosa

2) Dopo quell'episodio piangemmo lacrime amare

3) Finiti gli esami poté dormire sonni tranquilli 

4) La mia squadra ha giocato un gioco aggressivo e vincente

5) L'atleta ha corso tutta la corsa sempre un passo avanti agli avversari

6) Nella casa sull'albero sognai magnifici sogni

7) La nonna parlava una parlata dialettale toscana

8) Vissero una vita ricca e felice come nelle fiabe

9) Dormirono un sonno agitato e pieno di incubi

10) Ognuno deve vivere la sua vita come meglio crede

11) Amava l'amore e la libertà

12) Combatterono una battaglia troppo ardua per loro

13) Vinsero una bella vincita al Lotto






mercoledì 28 aprile 2021

TESINA SU CHERNOBYL


Geografia= La Russia odierna (o l'Unione Sovietica)
Storia= Gli anni '80 e il tramonto del regime comunista
Italiano= Un brano che racconti quanto avvenuto a Chernobyl
Inglese=Marshall Islands (oggi sono più radioattive di Chernobyl, articolo QUI)
Francese=Consequènces de la catastrophe en France (QUI)
Scienze= L'atomo
Tecnologia= La centrale nucleare
Arte= I murales di Guido Van Helton a Chernobyl (QUI)
Musica= Una canzone che parla di Chernobyl (a QUESTA pagina ne trovate molte)
Ed.Fisica=I danni della radioattività 



ALTERNATIVE

Geografia= L'Ucraina
Storia= La Guerra Fredda
Italiano= Breve relazione su quanto avvenne a Chernobyl
Italiano= la bambina di Hiroshima di Nazim Hikmet
Scienze= La grafite
Arte= Salvador Dalì "Idillio Atòmico"
Musica= Adriano Celentano "Sognando Chernobyl"







sabato 24 aprile 2021

PARAFRASI LE NERE SCALE DELLA MIA TAVERNA SANDRO PENNA

Le nere scale della mia taverna
tu discendi tutto intriso di vento.
I bei capelli caduti tu hai
sugli occhi vivi in un mio firmamento
remoto. 
Nella famosa taverna
ora è l'odore del porto e del vento.
Libero vento che modella i corpi
e muove il passo ai bianchi marinai.


PARAFRASI

Tu scendi le scale annerite della taverna che frequento spesso (mia) infreddolito dal vento. 
I tuoi bei capelli scendono sugli occhi vivaci che sembrano stelle del mio personale firmamento.
Nella celebre taverna adesso si sente l'odore del porto e del vento.
Il vento simbolo di libertà, che con le sue raffiche fa cambiare la posizione del corpo e affretta il passo dei marinai vestiti di bianco.


ANALISI METRICA

Lirica composta da un'unica strofa per 9 versi totali. 
Ci sono 8 endecasillabi, il 9 è spezzato e scritto su due righe (remoto. / Nella famosa taverna) Metro: otto endecasillabi (il quinto dei quali è spezzato e scritto su due righe).
Non c'è una struttura rimica fissa, ma sono presenti diverse rime nella lirica (taverna/taverna -vento/firmamento)

FIGURE RETORICHE

Anastrofe= v. 1 "Le nere scale... tu discendi..." - v. 3 "i bei capelli.... tu hai"  
Iperbato= v. 1 "Le nere scale.."
Apostrofe= v. 2 "tu
Enjambement= v 3/4 "tu hai/sugli occhi" - v. 4/5 "fimamento/remoto
Anadiplosi= v. 7/8 "vento.. vento"
Personificazione= v. 8 "Libero vento"
Ipallage= v. 9 "bianchi marinai" (marinai vestiti di bianco)



COMMENTO
L'autore descrive una scena di vita quotidiana, all'interno della taverna che è solito frequentare (mia taverna) dove entra un marinaio, portando con sè l'aria fresca della notte e l'odore del porto. 
La lirica si apre e si chiude con due aggettivi in antitesi: "nere" riferito alle scale della taverna e "bianchi" riferito ai vestiti dei marinai. Questo dà alla poesia una sorta di circolarità con sensazioni visive nette e contrastanti, dove non c'è spazio per le sfumature. 
E' una sorta di discesa agli inferi quella che il poeta descrive: una taverna sotterranea, probabilmente scura, fumosa, una scala annerita dagli anni, il vento freddo della notte; a far da contrasto a questo scenario piuttosto tetro è la figura che appare: il "tu" a cui il poeta si rivolge è infatti un'immagine delicata, viva, piacevole..
Nella poesia troviamo elementi legati alla sensazione olfattiva ("l'odore del porto e del vento") sia elementi che rientrano nella sfera personale delle impressioni dell'autore: i capelli sono belli, gli occhi sembrano stelle per quanto sono vivi e brillanti.  
Il vento è l'elemento centrale della lirica: foriero di sensazioni e profumi, affretta il passo dei marinai, li costringe ad assumere posizioni del corpo diverse per ripararsi dalle raffiche ("modella i corpi") e in qualche modo li spinge e li guida nel loro incedere.





giovedì 15 aprile 2021

PARAFRASI DAVANTI SAN GUIDO

TESTO
          PRAFRASI


I cipressi che a Bólgheri alti e schietti
Van da San Guido in duplice filar,
Quasi in corsa giganti giovinetti
Mi balzarono incontro e mi guardâr.

Mi riconobbero, e — Ben torni omai —
Bisbigliaron vèr’ me co ’l capo chino —
Perché non scendi? Perché non ristai?
Fresca è la sera e a te noto il cammino.

Oh sièditi a le nostre ombre odorate
Ove soffia dal mare il maestrale:
Ira non ti serbiam de le sassate
Tue d’una volta: oh, non facean già male!

Nidi portiamo ancor di rusignoli:
Deh perché fuggi rapido cosí?
Le passere la sera intreccian voli
A noi d’intorno ancora. Oh resta qui! —

— Bei cipressetti, cipressetti miei,
Fedeli amici d’un tempo migliore,
Oh di che cuor con voi mi resterei —
Guardando io rispondeva — oh di che cuore!

Ma, cipressetti miei, lasciatem’ ire:
Or non è piú quel tempo e quell’età.
Se voi sapeste!... via, non fo per dire,
Ma oggi sono una celebrità.

E so legger di greco e di latino,
E scrivo e scrivo, e ho molte altre virtú:
Non son piú, cipressetti, un birichino,
E sassi in specie non ne tiro piú.

E massime a le piante. — Un mormorio
Pe’ dubitanti vertici ondeggiò,
E il dí cadente con un ghigno pio
Tra i verdi cupi roseo brillò.

Intesi allora che i cipressi e il sole
Una gentil pietade avean di me,
E presto il mormorio si fe’ parole:
— Ben lo sappiamo: un pover uom tu se’.


Ben lo sappiamo, e il vento ce lo disse
Che rapisce de gli uomini i sospir,
Come dentro al tuo petto eterne risse
Ardon che tu né sai né puoi lenir.

A le querce ed a noi qui puoi contare
L’umana tua tristezza e il vostro duol.
Vedi come pacato e azzurro è il mare,
Come ridente a lui discende il sol!

E come questo occaso è pien di voli,
Com’è allegro de’ passeri il garrire!
A notte canteranno i rusignoli:
Rimanti, e i rei fantasmi oh non seguire;

I rei fantasmi che da’ fondi neri
De i cuor vostri battuti dal pensier
Guizzan come da i vostri cimiteri
Putride fiamme innanzi al passegger.

Rimanti; e noi, dimani, a mezzo il giorno,
Che de le grandi querce a l’ombra stan
Ammusando i cavalli e intorno intorno
Tutto è silenzio ne l’ardente pian,

Ti canteremo noi cipressi i cori
Che vanno eterni fra la terra e il cielo:
Da quegli olmi le ninfe usciran fuori
Te ventilando co ’l lor bianco velo;


E Pan l’eterno che su l’erme alture
A quell’ora e ne i pian solingo va
Il dissidio, o mortal, de le tue cure
Ne la diva armonia sommergerà. —

Ed io — Lontano, oltre Apennin, m’aspetta
La Tittí — rispondea — ; lasciatem’ ire.
È la Tittí come una passeretta,
Ma non ha penne per il suo vestire.

E mangia altro che bacche di cipresso;
Né io sono per anche un manzoniano
Che tiri quattro paghe per il lesso.
Addio cipressi! addio, dolce mio piano! —

— Che vuoi che diciam dunque al cimitero
Dove la nonna tua sepolta sta? —
E fuggíano, e pareano un corteo nero
Che brontolando in fretta in fretta va.

Di cima al poggio allor, dal cimitero,
Giú de’ cipressi per la verde via,
Alta, solenne, vestita di nero
Parvemi riveder nonna Lucia;

La signora Lucia, da la cui bocca,
Tra l’ondeggiar de i candidi capelli,
La favella toscana, ch’è sí sciocca
Nel manzonismo de gli stenterelli,

Canora discendea, co ’l mesto accento
De la Versilia che nel cuor mi sta,
Come da un sirventese del trecento,
Pieno di forza e di soavità.

O nonna, o nonna! deh com’era bella
Quand’ero bimbo! ditemela ancor,
Ditela a quest’uom savio la novella
Di lei che cerca il suo perduto amor!

— Sette paia di scarpe ho consumate
Di tutto ferro per te ritrovare:
Sette verghe di ferro ho logorate
Per appoggiarmi nel fatale andare:

Sette fiasche di lacrime ho colmate,
Sette lunghi anni, di lacrime amare:
Tu dormi a le mie grida disperate,
E il gallo canta, e non ti vuoi svegliare. —

Deh come bella, o nonna, e come vera
È la novella ancor! Proprio cosí.
E quello che cercai mattina e sera
Tanti e tanti anni in vano, è forse qui,

Sotto questi cipressi, ove non spero
Ove non penso di posarmi piú:
Forse, nonna, è nel vostro cimitero
Tra quegli altri cipressi ermo là su.

Ansimando fuggía la vaporiera
Mentr’io cosí piangeva entro il mio cuore;
E di polledri una leggiadra schiera
Annitrendo correa lieta al rumore.

Ma un asin bigio, rosicchiando un cardo
Rosso e turchino, non si scomodò:
Tutto quel chiasso ei non degnò d’un guardo
E a brucar serio e lento seguitò.
Gli alberi di cipresso che in doppio filare costeggiano la strada verso San Guido come dei giovani giganti sembrano correre incontro al poeta e guardarlo
Sembrano riconoscerlo e, con le chiome piegate all'ingiù, bisbigliano dicendo che finalmente è tornato e gli domandano perché non scende (dal treno) e perché non si ferma con loro, visto che la sera è piacevole e lui conosce la strada.
Gli dicono di sedersi sotto la loro ombra profumata, da cui si sente il vento di maestrale che arriva dal mare e che non portano rancore per i sassi che lui tirava loro da bambino, perché non erano colpi dolorosi. 
Dicono che tra i loro rami gli usignoli fanno ancora il nido e si chiedono perché stia correndo via così velocemente. I passeri ancora volteggiano fra i cipressi e anche per questo gli chiedono di restare.
Il poeta risponde affettuosamente ai cipressi, dicendo che loro rappresentano  i fedeli amici dell'età più bella (l'infanzia), e che vorrebbe sinceramente restare con loro. Ma devono sapere che ormai non è più quel tempo, lui non è più un bambino e loro non sanno che adesso è diventato una persona famosa. 
Dice che ora conosce il greco e il latino, che scrive moltissimo e ha molte altre capacità. Dice di non essere più quel ragazzo vivace e impertinente e che soprattutto non tira più i sassi. 
Fra le cime dei cipressi sembra esserci un mormorio di incredulità, mentre il rosso brillante del tramonto si intravede come un ghigno caritatevole tra il verde scuro delle chiome  . 
Il poeta allora capisce che i cipressi e il sole hanno pietà di lui. Quel mormorio si trasforma presto in parole con cui i cipressi dicono al poeta che sanno benissimo che lui è un infelice.
Lo sanno perché glielo ha detto il vento, che è in grado di cogliere i sospiri degli uomini e sanno che nel profondo del poeta si agitano continui conflitti che lui non sa come calmare. 
Dicono al poeta di raccontare alle querce e ai cipressi la sua tristezza e il suo dolore. Gli consigliano di guardare il mare che è calmo e azzurro e come il sole splendente tramonta sull'acqua.

Gli dicono che il cielo è punteggiato dagli uccelli in volo e che il verso dei passeri è tanto allegro. Di notte si sentiranno cantare gli usignoli, quindi chiedono ancora al poeta di fermarsi e di non inseguire i fantasmi crudeli.

I crudeli fantasmi che escono dal profondo del vostro cuore, tormentati dai pensieri, balzano come fiamme putride, uscite fuori dai vostri cimiteri davanti al passeggero. 
Fermati e noi domani, quando a mezzogiorno i cavalli si riposano all'ombra delle grandi querce e c'è silenzio in tutta la pianura assolata, 

Noi cipressi canteremo per te quei cori che eternamente si cantano tra terra e cielo; 
le ninfe usciranno fuori dagli alberi di olmo, facendoti vento con i loro veli bianchi.

L'immortale Pan che sulle colline solitarie a quell'ora se ne va a passeggiare, calmerà i dissapori delle tue preoccupazioni, o uomo mortale, facendoli affondare nell'armonia divina.

E il poeta risponde che oltre l'Appennino lo aspetta la Tittì, di lasciarlo andare. Dice che la Tittì è come un uccellino, tranne che non ha piume per potersi vestire. 

E mangia ben altre cose che le bacche di cipresso (come fanno i passeri), dice anche di non essere un manzoniano che prenda molti incarichi per comprarsi il bollito. Il poeta dice addio ai cipressi e alla pianura che gli è cara.
I cipressi allora chiedono al poeta cosa devono dire al cimitero, dove riposa sua nonna. E sembrano fuggire come un corteo in lutto che brontola e se ne va via veloce.

In quel momento dalla cima del colle, lì dove c'è il cimitero, lungo la via costeggiata dai cipressi, al peota sembra i rivedere nonna Lucia, una figura alta, solenne e vestita di nero.

La signora Lucia, coi capelli bianchi e mossi, che parlava il vero toscano, tanto bello e diverso dall'uso che ne fanno i seguaci di Manzoni. 

La vede scendere dal cimitero parlando in modo musicale, con quell’accento un po’ triste tipico della Versilia; il tono, forte e soave insieme, ricorda al poeta i canti popolari del Trecento.

Il poeta ricorda la nonna, dicendo quanto era bella la favola che gli raccontava da bambino, di raccontarla di nuovo all'uomo adulto la favola di lei che cerca il suo amore perduto.

La favola dice che la giovane ha consumato sette paia di scarpe di ferro per poterlo ritrovare, sette bastoni di ferro ha rovinato per potersi appoggiare nel suo incerto cammino.

Ha riempito sette fiaschi di lacrime, ha pianto lacrime amare per sette lunghi anni, ma lui continua a dormire e anche quando è mattina non vuoi svegliarti. 

Si rivolge di nuovo alla nonna dicendo che quella favola è proprio bella e vera, e forse quello che il poeta ha cercato per tanti anni, forse si trova proprio nei luoghi della sua infanzia.

Sotto a quei cipressi dove non pensa e non spera di sedersi mai più, oppure è lì al cimitero dove riposa la nonna, tra quei cipressi sulla collina.

Il treno corre via sbuffando vapore, mentre il poeta si sente triste e vede un gruppo di puledri correre via al passaggio del treno.

Vede anche un asino grigio che, mentre rosicchia un cardo rosso e azzurrino, invece non si sposta. Non alza neppure gli occhi al passaggio del treno e continua a brucare lentamente.









martedì 6 aprile 2021

TESINA SUGLI ANNI '30

Storia=L'ascesa di Hitler al potere
Geografia= L'Uruguay  (ospita la prima edizione dei Mondiali di Calcio nel 1930) 
Italiano=Il Futurismo
Inglese= L'Empire State Building
Francese= Charles de Gaulle
Scienze=L'energia nucleare
Tecnologia= La centrale atomica
Arte= Lo stile Liberty
Musica= Lo swing
Ed. Fisica= Il calcio 



ALTERNATIVE

Storia= Il New Deal di Roosevelt
Storia= Il proibizionismo
Storia= La Guerra d'Etiopia
Storia= Guerra Civile Spagnola
Geografia= Gli USA
Inglese= Al Capone
Inglese= Jesse Owens
Inglese= Project Manhattan
Ed. fisica= Le Olimpiadi del 1936





sabato 20 marzo 2021

CONFRONTO DALFINO E ROSSO MALPELO

 Confronto fra il personaggio di Dalfino di D'Annunzio e Rosso Malpelo di Verga


PUNTI IN COMUNE


  • Hanno un soprannome che deriva da alcune caratteristiche fisiche: Dalfino ricorda appunto un delfino per le sue qualità di nuotatore e per una certa forma della testa, mentre Rosso Malpelo è così chiamato per via dei capelli rossi
  • Entrambi i ragazzi sono degli emarginati, hanno avuto un destino avverso che li ha portati ad essere soli con sé stessi (Dalfino è orfano di padre e madre, mentre Malpelo ha ancora la madre e la sorella, ma non si sente amato come da una vera famiglia)
  • Entrambi hanno perso il padre a causa del lavoro che svolgevano (Dalfino in mare perché suo padre era pescatore, Malpelo alla cava di rena dove il padre è rimasto sepolto da una frana). 
  • Entrambi sono irascibili, ma anche fragili. Alternano momenti di rabbia ad altri di malinconia e dolcezza. 
  • Entrambi sono animati da un desiderio di vendetta
  • Entrambi scompaiono (muoiono) in modo tragico (Dalfino in mare, dopo aver ucciso il rivale in amore, Malpelo sotto la cava) e di loro non si saprà mai più nulla. 


DIFFERENZE

  • Dalfino ha la sensualità tipica dei personaggi dannunziani, è preso da passioni violente, è innamorato della Zanna e per lei ucciderà il finanziere, suo rivale. In Malpelo questo aspetto della passione amorosa è totalmente assente. Malpelo è più piccolo, è ancora troppo bambino (Dalfino ha vent'anni) e non è certamente bello come Dalfino.
  • Anche il paesaggio descritto da D'Annunzio riflette la passione e l'esuberanza di Dalfino: i tramonti dai colori violenti, il mare descritto in maniera ricca e sensuale, come creatura che avvolge e affascina. Qui si può parlare di panismo dannunziano: l'uomo (Dalfino) e la natura sono fusi insieme, sono l'uno lo specchio dell'altro. 
  • Anche lo stile è molto diverso: la prosa dannunziana è ricca, a volte il lessico arcaico e le espressioni ricercate si interpongono ad espressioni dialettali, tipiche del linguaggio popolare. Verga invece è fedele alla tecnica verista e il linguaggio è l'italiano di fine '800 con all'interno espressioni popolari e dialettali.
  • Inoltre a differenza di Verga che usa lo straniamento e l'oggettività, D'Annunzio interviene nella narrazione per commentare le azioni dei personaggi e spiegare i loro sentimenti. 





sabato 13 marzo 2021

ANALISI POESIA MARZO DI VINCENZO CARDARELLI

Oggi la primavera
è un vino effervescente.
Spumeggia il primo verde
sui grandi olmi fioriti a ciuffi
ove il germe già cade
come diffusa pioggia.

Tra i rami onusti e prodighi
un cardellino becca.
Verdi persiane squillano
su rosse facciate
che il chiaro allegro vento
di marzo pulisce.

Tutto è color di prato.
Anche l'edera è illusa,
la borraccina è più verde
sui vecchi tronchi immemori
che non hanno stagione,
lungo i ruderi ombrosi e macilenti
cui pur rinnova marzo il greve manto.

Scossa da un fiato immenso
la città vive un giorno
di umori campestri.
Ebbra la primavera
corre nel sangue

PARAFRASI

La primavera in questo giorno ha la vitalità di un vino frizzante, i primi germogli verdi spuntano sui grandi olmi come schiuma di mare e l'involucro dei germogli si stacca e cade come una pioggia abbondante. 
In mezzo ai rami carichi e generosi, un cardellino trova il suo cibo. Le persiane verdi spiccano sulle facciate dipinte di rosso ripulite dall'aria pulita e vivace di Marzo. Tutto si fa verde, anche l'edera si illude di vivere una nuova vita (in realtà è un sempreverde), anche la borracina che ricopre i tronchi di alberi secolari e i resti antichi (di Roma) che seppur all'ombra e consumati, vengono così rinnovati dalla vitalità di Marzo. Investita dal vento la città è immersa per un giorno nei profumi della campagna. La vitalità della primavera entra nelle vene di tutti gli uomini. 

METRICA

Lirica composta da 4 strofe per un totale di 24 versi liberi (cioè senza uno schema ritmico definito). 

FIGURE RETORICHE

Metafora=
v. 1/2 "la primavera è un vino effervescente" intende la vitalità, il brio delle giornate primaverili. 
 v. 3 "spumeggia il primo verde" continua la metafora, questa volta riferita ai germogli degli olmi che ricoprono i tronchi come spuma di mare. 
v. 3 "il primo verde" sono i primi germogli della pianta - 
Consonanza= v. 3/4/5/6 ripetizione della lettera G (spumeggia, grandi germe, già, pioggia)
Similitudine= v. 6 "come diffusa pioggia" 
Sinestesia= v. 9 "verdi persiane squillano"  
Iperbato= v. 11 "il chiaro allegro vento
Personificazione= v. 11 "allegro vento
- v. 14 "l'edera è illusa
- v. 16 "tronchi immemori


COMMENTO

In questa lirica l'autore descrive il risveglio della natura in primavera a Roma. La stagione che sta iniziando viene presentata con due metafore iniziali: un vino frizzante e la schiuma del mare proprio per indicarne il brio e la vivacità. L'aria di rinnovamento non investe soltanto il mondo vegetale, ma anche le rovine della città sembrano vivere una ripartenza, ammantate dal verde dei muschi e dell'edera. Per un giorno, Roma, sembra stare in campagna: il vento trasporta infatti gli effluvi tipici dell'ambiente rurale fino in città e anche gli uomini che vi abitano si sentono quasi ubriachi di forza e vitalità. La sensazione prevalente nella lirica è quella visiva, molte infatti sono le connotazioni lessicali riferite ai colori e alle sfumature (verdi, rosse, color di prato, ombrosi). C'è in generale un senso di freschezza e di opulenza: alberi carichi di germogli che si staccano e cadono come pioggia, colori vividi, aria pulita.
La primavera rende Roma se possibile ancora più bella e piena di vita. 



 

sabato 6 marzo 2021

TESINA SUI SOCIAL NETWORK

Storia= La Guerra Fredda e la nascita di Internet
Geografia=Gli USA 
Italiano= Luigi Pirandello "Uno, nessuno e centomila"
Inglese= Mark Zuckerberg
Francese=La Globalization 
Scienze=Il cervello
Tecnologia=I mass media
Arte= La pop art
Musica= Youtube e la diffusione musicale
Ed. Fisica= I problemi fisici derivati dalla sedentarietà

ALTERNATIVE

Storia=La rivoluzione digitale (storia dagli anni '90 in poi)
Italiano= L'Ermetismo 
Italiano= La comunicazione ai tempi delle emoticon (breve saggio)
Italiano=Breve saggio su cosa sono i social network e il loro impatto nella nostra epoca
Italiano Il cyberbullismo
Inglese The body shaming
Scienze= Il sistema nervoso
Tecnologia= La connessione internet
Musica= Il diritto d'autore
Arte= Il Graffitismo



sabato 20 febbraio 2021

RIASSUNTO GENOCIDIO ARMENO

Il Genocidio degli Armeni è stato il primo genocidio di massa del XX Secolo e  solo recentemente è stato portato all'attenzione di tutto il mondo occidentale. Ancora oggi, purtroppo, non si conosce la reale entità delle sue dimensioni, anche se gli storici parlano di almeno 1.500.000 vittime.

Un po' di storia dell'Armenia
Anticamente l'Armenia occupava un territorio molto vasto rispetto a quello attuale (nella cartina si può vedere l'antico territorio colorato in arancione e quello attuale contornato in rosso).

Gli Armeni, che si convertirono al Cristianesimo a partire dalla metà del I° Secolo grazie all'opera San Gregorio, furono i primi a riconoscere il Cristianesimo come religione ufficiale. Si può dire quindi che l'Armenia è stata la prima nazione cristiana del mondo

In seguito alla divisione tra Chiesa Cattolica e Chiesa Ortodossa, l'Armenia aderisce alla Chiesa Orientale Ortodossa, conservando i propri rituali (Rito Armeno). Questo popolo quindi, conservando una propria religione (quella Cristiana Ortodossa) e una propria lingua, si è sempre distinto da tutti gli altri popoli per la sua forte identità culturale . 


L'Armenia viene conquistata
Trovandosi proprio a metà fra Oriente e Occidente, cioè su un'importantissima via di comunicazione che conduceva verso l'Asia, queste terre furono spesso contese fra diversi popoli che ne volevano il dominio. A livello politico l'Armenia venne infatti conquistata e dominata prima dai Turchi Selgiucidi (1071), poi nel 1375 dai Mamelucchi egiziani e infine nel 1500 dai Turchi Ottomani che imposero agli infedeli (cioè ai Cristiani e agli Ebrei) il pagamento di tributi straordinari per continuare a vivere all'interno del territorio. 

Gli armeni furono quindi sottomessi e per secoli vissero nell’ombra dell’Impero Ottomano, considerati come cittadini di seconda classe, a cui venivano imposte molte limitazioni. Ad esempio gli veniva impedito di indossare i loro vestiti tradizionali, le loro chiese non potevano affacciarsi sulla pubblica strada, era molto difficile per loro trovare un impiego nella pubblica amministrazione.  

Primo genocidio - Fine 1800

Alla fine dell’Ottocento, il Sultano turco Abdul Hamid diede inizio ad una serie di persecuzioni contro gli Armeni che chiedevano maggiori garanzie e libertà per la loro comunità. Queste persecuzioni (avvenute tra il 1893 e il 1896) causarono circa 300 mila morti. Questo è considerato il Primo Genocidio Armeno e, nonostante ci siano state ampie testimonianze di quanto stava accadendo, le potenze europee, come la Francia, la Gran Bretagna e la Russia, che erano tradizionalmente a favore della “causa armena”, non intervennero nei confronti della Turchia. In seguito al Primo Genocidio, ci fu una forte emigrazione di Armeni verso i Paesi Europei (soprattutto verso la Francia) e l’America del Nord.

Il Genocidio del 1915

All'inizio del '900, nell’impero ottomano si fece strada il movimento dei “Giovani Turchi” che avevano in progetto di rovesciare il sultanato per portare più libertà ai cittadini. Anche gli Armeni li appoggiarono sperando in un sistema più libero e democratico, ma dovettero presto fare i conti con un'altra realtà: infatti, dopo aver preso il potere con un colpo di stato, i Giovani Turchi ripresero con più forza le persecuzioni a danno degli armeni. L'ala ultranazionalistica del partito, infatti, voleva raggiungere il Panturchismo, ma si trovava di fronte due ostacoli: il primo erano i Curdi, che però essendo mussulmani e non avendo una forte cultura nazionale potevano essere facilmente assimilati nella nuova società. Il secondo ostacolo era rappresentato dagli Armeni, che non solo erano cristiani, ma avevano anche una cultura millenaria, con proprie tradizioni e una propria lingua. Quindi dovevano essere eliminati. 

Nell’aprile 1909 nella zona di Adanà  ci fu una violenta azione contro gli Armeni, che il Governo tacitamente permise. In pochi giorni vennero uccisi circa 30.000 Armeni. Nel 1913, si formò una Dittatura militare e, nel febbraio 1915, il Governo turco decise la sistematica eliminazione degli Armeni, attraverso la costituzione di una struttura paramilitare, denominata Organizzazione Speciale. 

Il genocidio fu realizzato in quattro fasi: 

  • elite culturale e politica
La prima fase iniziò nella notte tra venerdì 23 ed sabato 24 aprile del 1915 a Costantinopoli, quando vennero arrestate circa 2.500 persone, che rappresentavano l'elite culturale e religiosa armena (cioè erano politici, professionisti, giornalisti, avvocati, medici, scrittori, sacerdoti, etc.). Gli arrestati furono deportati nelle zone interne della Turchia e poi eliminati perché rappresentavano una “minaccia” per lo Stato turco in quanto “guida” politica, civile e religiosa della Comunità armena. 
  • forze armate
La seconda fase del genocidio riguardò l'eliminazione dei militari armeni che prestavano servizio nelle Forze Armate: i soldati vennero disarmati ed inseriti in Reparti del Genio e poi mandati a lavorare nelle Regioni di confine, dove vennero progressivamente eliminati. Nel complesso, vennero uccisi circa 350.000 Armeni. Si procedette inoltre ad una vera e propria “pulizia etnica” in tutti i settori della Pubblica Amministrazione.

  • deportazione nei campi di internamento
La terza fase del genocidio doveva realizzarsi mediante il “trasferimento” nelle regioni meridionali dell’Impero Ottomano della popolazione armena, che risiedeva vicino al confine russo, dato che erano sospettati di tradimento proprio a favore della Russia. L’obiettivo in realtà era quello di eliminare la popolazione armena mediante la deportazione nei deserti della Siria e della Mesopotamia. Questo "trasferimento" si rivelò infatti una vera e propria “deportazione forzata”: si marciava a piedi ed in condizioni molto dure a livello climatico. Moltissimi morirono di fatica, di fame e di sete, molto prima di arrivare ai Centri di raccolta o ai Campi di internamento.
  • Morte nei campi di internamento
La quarta fase del genocidio interessò circa 870.000 Armeni che erano riusciti ad arrivare vivi nei campi di internamento, collocati in zone molto isolate della Siria e della Mesopotamia. Questi campi non erano vere e proprie prigioni: non c'erano né recinzioni né sorveglianza armata. Ma i deportati vi morivano comunque per la fame, la sete e a causa delle epidemie che si sviluppavano nei campi. Alla fine i pochi sopravvissuti furono eliminati con metodi brutali e cruenti (ad esempio, infilzandoli con le baionette o annegandoli nel fiume Eufrate). 

Annientamento culturale

L'annientamento del popolo armeno proseguì poi anche a livello culturale: il governo turco cercò infatti di "turchizzare"  le Regioni Orientali, abitate fino al 1915 prevalentemente da Armeni e da altre minoranze cristiane, cancellando ogni traccia della presenza e della cultura armena, fino a negare addirittura che gli Armeni, in quelle regioni, fossero mai esistiti. A molte località armene venne              “ turchizzato” il nome, ad esempio il Monte Ararat (dove si sarebbe fermata l’Arca di Noè, dopo il Diluvio Universale) fu chiamato Agri Dagi. Anche il patrimonio culturale armeno venne in gran parte distrutto: nel 1915 c’erano oltre 3.500 monumenti armeni (monasteri, chiese, scuole, biblioteche…); di questi, nel 1916, ne rimanevano appena 500, alcuni gravemente danneggiati.




A Yerevan, la capitale dell’Armenia oggi sorge il monumento che ricorda le vittime del genocidio. Il suo nome è Tzitzernakaberd che letteralmente significa “la fortezza delle rondini". E' un luogo meta di pellegrinaggio in ogni giorno dell’anno, ma il 24 aprile (data simbolo dell’inizio del genocidio) sono migliaia gli armeni che si mettono in fila per deporre un fiore davanti alla fiamma perenne. 

sabato 13 febbraio 2021

PARAFRASI LA FAVOLA DEI SUONI GALILEO

Mi sembra, in base a diverse esperienze da me fatte, che l'atteggiamento degli uomini verso le questioni intellettuali sia questo, cioè che le persone meno conoscono una determinata cosa e più vogliono parlarne e che, al contrario, la gran mole di cose conosciute e comprese renda più lento e difficile l'esprimersi riguardo alle novità. 

In un luogo molto solitario nacque un uomo che era naturalmente dotato di un intelligenza acuta e di una straordinaria curiosità, il quale, come passatempo, allevava uccelli per godere del loro canto e, meravigliandosi molto, si rendeva conto che essi, con la stessa semplicità con cui respiravano, potevano anche emettere suoni diversi, ma tutti bellissimi.  

Una notte, vicino a casa sua, gli capitò di sentire un suono molto delicato e, pensando che potesse essere un nuovo tipo di uccello, andò per catturarlo, ma arrivato sulla strada, vide che era un giovane pastore che, soffiando in un legnetto forato e muovendo le dita sopra i fori, aprendoli e chiudendoli, riusciva ad emettere suoni simili a quelli di un uccello, ma in modo diverso. 

Stupito e incuriosito, regalò al pastore un vitello in cambio di quello zufolo e, dopo aver riflettuto, rendendosi conto che, se il pastore non si fosse trovato a passare di lì, lui non avrebbe mai conosciuto il modo di creare suoni così delicati, decise di andare via di casa per vivere qualche altra avventura. 

Così accadde che, il giorno seguente, passando accanto ad una povera abitazione, sentì nuovamente un suono simile e, per capire se fosse uno zufolo oppure un merlo, entrò e trovò un ragazzo che con la mano destra teneva un archetto e lo passava su alcune corde tese sopra ad un legno che aveva una rientranza, mentre con la sinistra teneva lo strumento e vi muoveva sopra le dita, e senza usare il fiato, riusciva a creare suoni diversi, ma molto dolci. Gli unici che possono capire il suo stupore sono coloro che possiedono la stessa intelligenza e curiosità di quell'uomo, il quale, colto alla sprovvista da due nuovi modi di creare voci e canti tanto inaspettati, iniziò a pensare che in natura potessero essercene molti altri. 

Grande fu la sua meraviglia quando, entrando in un tempio si era nascosto dietro una porta per vedere chi avesse suonato, ma il suono era provocato dal movimento dei ferri e dagli anelli (sono parte dei cardini della porta) quando si apriva la porta. Un'altra volta, mosso dalla curiosità, entrò in un'osteria pensando di vedere qualcuno che con l'archetto toccasse delicatamente le corde di un violino,  e invece trovò un uomo che, sfregando il polpastrello sull'orlo di un bicchiere, riusciva a produrre un suono dolcissimo. 

Ma poi, quando gli capitò di osservare che le vespe, le zanzare e i mosconi producevano suoni ininterrotti non con il fiato come facevano i suoi uccellini, ma con il rapidissimo battere delle ali, quanto più la sua meraviglia aumentava, tanto più si indebolivano le sue certezze riguardo al modo in cui un suono può essere creato; e tutte le cose che aveva visto non sarebbero bastate a fargli capire come i grilli, pur non volando, potessero creare un suono così forte solo con il muovere le ali. 

E quando credeva che non ci potessero essere altri modi di creare suoni, dopo aver visto, oltre a tutto ciò che già è stato detto, ancora molti organi, trombe, flauti, strumenti a corde di tantissimi tipi, fino a quella linguetta di ferro che, messa fra denti, usa la cavità della bocca come cassa di risonanza per veicolare il suono, quando, dicevo, egli credeva di aver visto tutto, si trovò più che mai immerso nell'ignoranza e nello stupore quando gli capitò di trovarsi in mano una cicala che, pur chiudendole la bocca o fermandole le ali, non smetteva di emettere quel suono rumoroso, e di cui non si vedevano muovere le scaglie né altra parte del corpo da cui potesse arrivare il suono, e alla fine solo alzandole la cassa toracica e trovando alcune cartilagini due e sottili, pensando che il suono derivasse da quelle, si decise a romperle per vedere se il suono smetteva, ma senza risultato, e allora spinse l'ago più a fondo nella cicala, fino ad ucciderla, così che non seppe mai come essa producesse il suo verso; allora l'uomo arrivò ad un punto tale di incertezza nella sua conoscenza che, se gli si domandava come si producessero i suoni, rispondeva di conoscere alcuni modi per farlo, ma che era certissimo che ce ne fossero altri cento sconosciuti e imprevedibili. 



martedì 9 febbraio 2021

ADDIO AI MONTI FIGURE RETORICHE

 "Non tirava un alito di vento: il lago giaceva liscio e piano (endiadi), e sarebbe parso immobile, se non fosse stato il tremolare e l'ondeggiar leggero della luna(metonimia), che vi si specchiava da mezzo il cielo. S'udiva soltanto il fiotto morto e lento(endiadi) frangersi sulle ghiaie del lido, il gorgoglìo (onomatopea) più lontano  dell'acqua rotta tra le pile del ponte, e il tonfo (onomatopea) misurato di que'(apocope)due remi, che tagliavano la superficie azzurra del lago, uscivano a un colpo grondanti, e si rituffavano. L'onda segata dalla barca, riunendosi dietro la poppa, segnava una striscia increspata, che s'andava allontanando dal lido. I passeggeri silenziosi, con la testa voltata indietro, guardavano i monti, e il paese rischiarato dalla luna, e variato qua e là di grand'ombre. Si distinguevano i villaggi, le case, le capanne: il palazzotto di don Rodrigo, con la sua torre piatta, elevato sopra le casucce ammucchiate alla  falda del promontorio, pareva un feroce che, ritto nelle tenebre, in mezzo a una compagnia  d'addormentati, vegliasse, meditando un delitto (similitudine). Lucia lo vide, e rabbrividì; scese con l'occhio giù giù (epanalessi) per la china, fino al suo paesello, guardò fisso all'estremità, scoprì la sua casetta, scoprì la chioma folta del fico che sopravanzava il muro del cortile, scoprì la finestra della sua camera; e, seduta, com'era, nel fondo della barca, posò il braccio sulla sponda, posò sul braccio la fronte, come per dormire(similitudine), e pianse segretamente. Addio (anafora), monti sorgenti dall'acque, ed elevati al cielo; cime inuguali, note a chi è cresciuto tra voi, e impresse nella sua mente, non meno che lo sia l'aspetto de' suoi più familiari (similitudine); torrenti, de' quali distingue lo scroscio (onomatopea), come il suono delle voci domestiche (similitudine); ville sparse e biancheggianti sul pendìo, come branchi di pecore pascenti (similitudine); addio! Quanto è tristo il passo di chi (ripetizione), cresciuto tra voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di fare altrove fortuna, si disabbelliscono, in quel momento, i sogni della ricchezza; egli si maraviglia d'essersi potuto risolvere, e tornerebbe allora indietro, se non pensasse che, un giorno, tornerà dovizioso. Quanto più si avanza nel piano, il suo occhio si ritira, disgustato e stanco, da quell'ampiezza uniforme; l'aria gli par gravosa e morta(endiadi); s'inoltra mesto e disattento nelle città tumultuose; le case aggiunte a case, le strade che sboccano nelle strade, pare che gli levino il respiro(similitudine); e davanti agli edifizi ammirati dallo straniero, pensa, con desiderio inquieto, al campicello del suo paese, alla casuccia a cui ha già messo gli occhi addosso, da gran tempo, e che comprerà, tornando ricco a' suoi monti. Ma chi (ripetizione) non aveva mai spinto al di là di quelli neppure un desiderio fuggitivo, chi (ripetizione) aveva composti in essi tutti i disegni dell'avvenire, e n'è sbalzato lontano, da una forza perversa! Chi (ripetizione), staccato a un tempo dalle più care abitudini, e disturbato nelle più care speranze, lascia que' monti, per avviarsi in traccia di sconosciuti che non ha mai desiderato di conoscere, e non può con l'immaginazione arrivare a un momento stabilito per il ritorno! Addio (anafora)casa natìa, dove, sedendo, con un pensiero occulto, s'imparò a distinguere dal rumore de' passi comuni il rumore d'un passo aspettato con un misterioso timore. Addio (anafora), casa ancora straniera, casa sogguardata tante volte alla sfuggita, passando, e non senza rossore (litote); nella quale la mente si figurava un soggiorno tranquillo e perpetuo di sposa. Addio (anafora), chiesa, dove l'animo tornò tante volte sereno, cantando le lodi del Signore; dov'era promesso, preparato un rito; dove il sospiro segreto del cuore (metafora) doveva essere solennemente benedetto, e l'amore venir comandato, e chiamarsi santo; addio! Chi dava a voi tanta giocondità è per tutto; e non turba mai la gioia de' suoi figli, se non per prepararne loro una più certa e più grande. Di tal genere, se non tali appunto, erano i pensieri di Lucia, e poco diversi i pensieri degli altri due pellegrini, mentre la barca gli andava avvicinando alla riva destra dell'Adda".




domenica 7 febbraio 2021

COME IN UNA CATTEDRALE PARAFRASI MARIA LUISA SPAZIANI

Entro in questo amore come in una cattedrale,
come in un ventre oscuro di balena.
Mi risucchia un’eco di mare, e dalle grandi volte
scende un corale antico che è fuso alla mia voce.

Tu, scelto a caso dalla sorte, ora sei l’unico,
il padre, il figlio, l’angelo e il demonio.
Mi immergo a fondo in te, il più essenziale abbraccio,
e le tue labbra restano evanescenti sogni.

Prima di entrare nella grande navata,
vivevo lieta, ero contenta di poco.
Ma il tuo fascio di luce, come un’immensa spada,
relega nel nulla tutto quanto non sei.


PARAFRASI

Mi accosto a questo sentimento come se entrassi dentro una cattedrale, dentro il ventre buio di una balena. L'eco del rumore mare mi trascina via e dalle ampie volte (della cattedrale) scende la musica di un coro antico che si fonde con la mia voce.   
Il destino ti ha posto accanto a me, ora sei unico (per me), sei il padre, il figlio, l'angelo e  il demone. Entro profondamente nel tuo essere, abbraccio fondamentale, e le tue labbra diventano sogni vaghi. Prima di entrare nella navata (della cattedrale) vivevo felice, ero contenta con poco. Ma la grande luce che tu emani fa apparire come il nulla tutto ciò che non sei tu.


METRO

Lirica composta da tre quartine in versi liberi


COMMENTO

La poesia di Maria Luisa Spaziani si apre con due similitudini in cui l'amore è paragonato all'ingresso in una cattedrale e nel ventre di una balena. Seguono poi due metafore ("un eco di mare" e " un corale antico") che descrivono gli effetti che questo sentimento d'amore ha sull'autrice. Troviamo poi una serie di antitesi che raccontano la figura dell'uomo di cui è innamorata: è padre e figlio, angelo e demone insieme. Le labbra dell'amante diventano, in una metafora, anche sogni vaghi e indistinti. Labbra è anche una sineddoche, per indicare la bocca dell'amante. 


 

NOTE SULL'AUTRICE

Maria Luisa Spaziani è stata una poetessa italiana, nata a Torino nel 1922. Mentre è ancora studentessa, dirige una piccola rivista, chiamata "Il Girasole" e poi "Il Dado"  grazie a cui entra in contatto con l'ambiente letterario della sua città. Dopo la laurea in Lingue, nel 1949 incontra il poeta Eugenio Montale, con cui inizia una lunga e affettuosa amicizia. La sua prima raccolta poetica è Le acque del Sabato, pubblicata nel 1954. Dal 1956 insegna Francese in un collegio di Torino ed sarà proprio il contatto con i giovani studenti a darle ispirazione per le poesie raccolte in Luna lombarda (1959). 
Nel 1960 è chiamata a insegnare, all' Università di Messina, Lingua e letteratura tedesca e poi Lingua e letteratura francese. Affianca l attività di poetessa e di insegnante con quella di traduttrice: sue sono le versioni italiane di Gustave Flaubert, André Gide, Marguerite Yourcenar. Tra le sue raccolte poetiche, che le danno fama mondiale, ricordiamo: L occhio del ciclone (1970), Transito con catene (1970), Geometria del disordine (1981), Giovanna d Arco (1990), La traversata dell oasi (2002), La luna è già alta (2006), L'incrocio delle mediane (2008). 
Si spegne a Roma, all' età di novantun anni, nel 2014

mercoledì 3 febbraio 2021

RACCOLTA DOMANDE SU PETRARCA

Raccolta di domande con relativa risposta su Francesco Petrarca per prepararsi ad un'interrogazione o ad una verifica scritta. 


1) Che cosa cerca Petrarca nei classici, tanto amati e studiati?
Per Petrarca gli studi classici servono a interpretare il presente, a riflettere sul destino dell’umanità, a praticare valori e rapporti umani più autentici e positivi, come la libertà, la giustizia, la pace.


2) Differenza principale tra Dante e Petrarca
Dante rappresenta l’intellettuale cittadino, dedito ad un attivo impegno politico e legato agli schemi medioevali; Petrarca invece è l’intellettuale cosmopolita, legato a nessuna tradizione municipale e aperto a nuove conoscenze. Il contesto storico-politico degli anni in cui hanno vissuto Dante e Petrarca delinea anche il loro modo di essere, la loro visione del mondo che poi è rispecchiata nelle loro opere.
Dante è dotato di un sapere enciclopedico e questo lo notiamo soprattutto nelle sue opere: la Commedia, la sua opera più importante nella quale tratta innumerevoli temi; le Rime, in cui esprime la sua passione per la conoscenza e le difficoltà per raggiungerla; il Convivio, dove vengono trattati svariati argomenti. Petrarca, invece, concentra la sua produzione scritta sull’uomo, in particolare su sé stesso e sul proprio dissidio interiore (come fa ad esempio nel Canzoniere). La condizione di peccatore del poeta, insicuro e tormentato, è di valore universale: la condizione poeta rispecchia anche la condizione dell’uomo di quel periodo storico.


3) Molti individuano in Petrarca il primo vero intellettuale moderno. Perché?
In quanto egli pone al centro delle sue tematiche il proprio dissidio interiore, o anche in modo generalizzato,  l'uomo e i suoi problemi, curandosi meno della vita politica. 


4)Come ha influito la morte di laura sulla poetica petrarchesca? 

Il periodo 1347-1348 fu un periodo costellato di eventi funesti per Francesco Petrarca. Dopo la scomparsa di Giovanni Colonna, morì anche Laura, stroncata dalla peste ad Avignone nel luglio del 1348. Quando ne ebbe notizia Petrarca si trovava a Verona. È difficile stabilire quanto questi eventi abbiano inciso sull’animo di Francesco, ma essi ebbero una forte valenza simbolica, di frattura e di passaggio da una stagione all’altra della vita, che lo indussero a comprendere di essere giunto a un momento esistenziale decisivo.  


5)Perché Petrarca rifiuta la filosofia scolastica per abbracciare il pensiero agostiniano?
Perché la filosofia scolastica costruita sul modello aristotelico aveva la pretesa di catalogare tutte le manifestazioni della realtà (compreso Dio) in degli schemi aridi e fissi. Per Petrarca queste catalogazioni di dottrine nn hanno senso in quanto pensava che la vera essenza della filosofia fosse la ricerca interiore dell'individuo tramite la quale potrà raggiungere un'armonia, superando i conflitti dell'animo. Quindi, mentre Dante ha fiducia in un ordine unitario e fonda il suo pensiero sulla filosofia della Scolastica, prendendo come punto di riferimento S. Tommaso, Petrarca fonda il suo pensiero sulla filosofia che pone l’uomo al centro della sua indagine e che studia la sua interiorità, così si affida al pensiero di S. Agostino che cita anche nella sua opera Secretum, delineandolo come l’uomo che lo aiuta a raggiungere la salvezza eterna nel suo continuo dissidio interiore tra i piaceri terreni e l’elevazione spirituale.


6)Perché Petrarca viene considerato il precursore dell'Umanesimo?
Per il grande interesse nel recupero delle opere classiche(latine e greche). Gli umanisti infatti avevano un grande amore per la filologia e proprio per questo Petrarca può essere considerato un loro precursore. Egli dedica la propria intera vita a questi studi, come già il Boccaccio; ma un altro fatto che lo contraddistingue come uno dei primi umanisti è che fu uno dei primi ad essere intellettuale ospite delle corti, per cui viaggia di città in città, al contrario di Dante che invece è stato sempre legato alla sua città natale Firenze.

7) Differenza tra le rime in vita e le rime in morte di Laura nel Canzoniere di Petrarca
Le rime in vita di Laura: ella viene descritta come angelo ma indifferente alla passione del poeta. Petrarca è tormentato interiormente e alterna gioia a crisi(dissidio tra il desiderio d'amore e l'ideale ascetico)
Le rime in morte di Laura: ella è mite e compassionevole verso Petrarca che prova nostalgia per lei ed è addolorato per la sua morte. 

8) Il sentimento dell'accidia in Petrarca
L'accidia è la mancanza di volontà e per quanto riguarda Petrarca si riferisce al fatto che il poeta non riesce ad amare Dio soltanto, perchè è troppo legato al concetto di amore "terreno", l'amore verso Laura che ostacola il suo cammino spirituale verso Dio. Petrarca non ha la forza di volontà e si arrende alla sua natura di peccatore.


9) Perché Petrarca è detto l'uomo del dubbio?
Perché fino alla morte è stato turbato da un profondo dissidio che si riflette nel contenuto delle sue opere: il dissidio fra i beni terreni e i beni ultraterreni, l'amore per Laura e l'amore per Dio. Non riesce a rinunciare a nessuno dei due. Solo nello scrivere sembra trovare un po' di pace, ma il suo animo resta per sempre tormentato.

10) Perché Petrarca è detto l'uomo della crisi?
Petrarca è segno ed emblema della crisi della sua epoca: il 1300 rappresenta la crisi di quei valori religiosi, culturali ed umani, che avevano caratterizzato il Medioevo.
Ci stiamo avvicinando al Rinascimento, ad una nuova concezione dell'uomo, ad un suo rinnovato rapporto con Dio. Petrarca è la punta che segna lo spartiacque tra il mondo tutto medievale di Dante e quello pre-umanista di Boccaccio, tra la perfezione del mondo teocentrico della divina commedia del primo e il caos antropocentrico, individualistico, della commedia umana del secondo. Il passaggio dall'una all'altra concezione con Petrarca ancora non è avvenuto.


11) Perché Petrarca può essere considerato cosmopolita?
Petrarca condusse una intensa vita mondana, ricca di incontri, feste e divertimenti, incominciando anche a mettersi in luce per il suo talento letterario. Nel 1330 entrò al servizio del cardinale Giovanni Colonna come cappellano di famiglia, carica che fra l’altro gli consentì di intraprendere numerosi viaggi nella Francia settentrionale, in Renania e nelle Fiandre (a Liegi scoprì nel 1333 l’orazione ciceroniana Pro Archia, inizio fortunato di tante altre scoperte umanistiche). L’amore per i viaggi rivela fra l’altro la sua indole cosmopolita, aliena dal municipalismo di molti suoi contemporanei, e una inclinazione a conoscere e a sperimentare ambienti sempre nuovi e diversi che non lo abbandonò mai, neppure nella vecchiaia.

12) Indica i motivi polemici anti ecclesiastici presenti nelle opere petrarchesche, segnalando il rapporto che l'autore ebbe con la curia avignonese.
Nel 1330 Petrarca entra negli ordini ecclesiastici minori facendo voto di celibato e diventa cappellano della famiglia del vescovo Giovanni Colonna, viaggiando in varie parti d'Europa.
Nel 1335 scambia una fitta corrispondenza col Papa (che allora aveva la sua sede ad Avignone) in riferimento alle rivolte in Italia e chiedendo il suo ritorno a Roma. Pur svolgendo importanti incarichi all'interno della Chiesa, Petrarca si sentì spesso in contrasto con l'ambiente ecclesiastico e culturale di Avignone ed infatti scrisse anche scrive poesie anticlericali contro la corruzione della curia di Avignone, città francese che descrive come un ricettacolo di vizi e che diviene per Petrarca simbolo dell’espiazione che deve attuare la Chiesa in un esilio lontano dalla patria, nuova Babilonia




sabato 30 gennaio 2021

VACANZE AL PASSE' COMPOSE' IN FRANCESE

Alcuni esempi per raccontare le proprie vacanze al passè composè in francese


VACANZE IN SARDEGNA

Cet été, je suis allé ( alleé se parli al femminile) en vacances en Sardaigne avec ma famille. Nous sommes partis en ferry du port de Gênes et sommes arrivés à Olbia. Nous avons séjourné dans un magnifique village touristique. J’ai rencontré beaucoup de garçons et de filles de mon âge. Nous avons fait beaucoup de bains dans la mer et la piscine et le soir, nous avons joué avec l’animation. 
Parfois, je me suis reposé et j’ai fait mes devoirs à l’ombre du patio.
La dernière nuit avant le départ a éclaté un fort orage qui a fait beaucoup de dégâts : les parasols ont volé et quelques branches sont tombées. 
On avait tous peur, mais heureusement, personne n’a été blessé. En dehors de cet épisode, j’ai vraiment apprécié ces vacances et je voudrais les refaire   


VACANZE IN TRENTINO

Les vacances que j’ai préférées, c’est celles du Trentin-Haut-Adige avec ma famille et mes cousins. Nous sommes partis en voiture de Milan et sommes arrivés à San Martino di Castrozza. Nous avons dormi dans un très bel hôtel dans le centre du village. 
Nous avons fait de nombreuses promenades sur les sentiers et avons récolté beaucoup de champignons. 
Nous avons vu beaucoup d’animaux sauvages comme les marmottes et les chamois. Un soir, nous avons dîné dans un refuge en haute altitude et c’était très excitant parce que nous sommes descendus en aval avec l’Ovovia. 
Elles ont été de belles vacances et je me suis beaucoup amusé.


VACANZE A LONDRA

Mes plus belles vacances ont été à Londres avec mes parents. 
Nous sommes partis de l’aéroport de Malpensa et sommes arrivés à Luton. 
De là, nous avons pris la navette pour le centre-ville. Nous avons dormi dans un très grand hôtel près de Chelsea. 
Nous avons visité la ville en marchant et avons pris de nombreux transports publics comme le métro et les célèbres bus anglais. J’ai adoré visiter le musée d’histoire naturelle et le stade de Chelsea. 
Mais on est aussi monté dans le London Eye et on a vu le changement de garde à Buckingham Palace. Malheureusement, nous ne sommes restés qu’une semaine et nous n’avons pas pu visiter la National Gallery et la Tate Modern parce que nous n’avons pas eu le temps. 
Nous avons passè de bonnes vacances.



martedì 26 gennaio 2021

RIASSUNTO ALBERT EINSTEIN

Albert Einstein è stato un fisico e matematico tedesco, noto per la teoria sulla relatività e vincitore del Premio Nobel per la Fisica nel 1921. Nato nel 1879 a Ulm, in Germania, da una famiglia ebrea della media borghesia, fin da bambino mostrò propensione per gli studi scientifici a cui si appassionò molto, aiutato anche da Max Talmud, un amico di famiglia, che gli procurava importanti testi matematici e filosofici. A causa del lavoro paterno la famiglia dovette trasferirsi molte volte in varie città europee (Pavia, Praga, Zurigo, Milano). Dopo aver conseguito il diploma di liceo, si iscrisse al Politecnico di Zurigo dove si laureò e dove conobbe Mileva Maric, sua compagna di studi, che sposerà nel 1903 e da cui avrà due figli maschi: Hans Albert ed Eduard.  

La teoria sulla relatività e il pacifismo 

Nel 1905, il cosiddetto suo annus mirabilis,  Einstein pubblicò diversi articoli scientifici molto importanti fra cui alcune memorie sulla relatività ristretta e sulla teoria dei quanti.
Negli anni successivi si dedicò allo studio dell'accelerazione nei sistemi di riferimento, arrivando a sostenere che le leggi della fisica siano le stesse per tutti gli osservatori in tutti i sistemi di riferimento. Questa teoria, nota come relatività generale, fu poi completamente formulata nel 1915. 
Nel 1919 alcuni studiosi verificarono le sue affermazioni effettuando delle misurazioni durante un'eclissi solare e Einstein fu catapultato in una posizione di grande rilievo internazionale. 
Questi straordinari risultati gli valsero onori e fama, ma furono i suoi contributi alla teoria quantistica a fargli vincere il  premio Nobel nel 1921.
Per la maggior parte della sua vita Einstein lavorò come professore universitario: prima all'Università di Berna poi a Praga e a Zurigo; dal 1915 si stabilì definitivamente presso l'Università di Berlino e l'Accademia delle scienze prussiana. 
Nel 1919 divorziò da Mileva Maric e, nello stesso anno, si risposò con sua cugina Elsa Lowenthal con cui visse fino al momento della morte della donna, avvenuta nel 1936. 
Negli anni '20 e '30, Einstein divenne sempre più attivo nella politica e negli affari internazionali. Forte sostenitore del sionismo, fu anche convinto pacifista e sostenitore di un unico governo mondiale senza bisogno di forze armate. Negli anni '20  partecipò a numerose campagne a favore della pace e del disarmo. Tuttavia, quando il partito nazionalsocialista di Hitler salì al potere nel 1933, Einstein iniziò a ripensare a queste sue convinzioni.

L'esperienza a Princeton e la bomba atomica

Albert Einstein davanti all'Università di Princeton
Quando i nazisti iniziarono a prenderlo di mira nella loro propaganda antisemita, Einstein si dimise dall'Accademia delle scienze di Berlino e accettò una cattedra presso l'Università di Princeton. 

Da allora si allontanò ulteriormente dalle idee pacifiste fino a quando, negli anni della Seconda Guerra Mondiale, partecipò attivamente allo sforzo bellico, lavorando per la Marina degli Stati Uniti e scrivendo una lettera al presidente Roosevelt nel 1939, in cui lo esortava ad accelerare lo sviluppo delle armi nucleari della nazione. Partecipò al Progetto Manhattan, tuttavia, non fu mai a favore del lancio delle bombe atomiche sul Giappone. 
Morì a Princeton, per un aneurisma dell'aorta, il 18 Aprile del 1955 a 76 anni. 


L'eredità di un genio

I maggiori contributi di Einstein alla fisica furono gli studi di meccanica ed elettrodinamica attraverso la teoria della relatività e la sua sfida alla fisica newtoniana attraverso la teoria quantistica. Tuttavia, l'impatto delle sue idee non si limitò alla scienza: i risultati di Einstein influenzarono la filosofia, l'arte, la letteratura e innumerevoli altre discipline. 
Da individuo appassionato nelle sue convinzioni e schietto nella sua politica, Einstein ha trasformato l'immagine dello scienziato nel ventesimo secolo. Non sorprende, quindi, che il TIME Magazine abbia selezionato Albert Einstein come "Persona del secolo", definendolo "genio, rifugiato politico, umanitario, fabbro dei misteri dell'atomo e dell'universo". 
   

giovedì 14 gennaio 2021

RIASSUNTO SUL BASKET

La pallacanestro, conosciuta anche come basket (abbreviazione del termine in lingua inglese basketball), è uno sport in cui due squadre di cinque giocatori ciascuna si affrontano per mettere un pallone nel canestro avversario.
Il  basket è nato e si è sviluppato nel 1891 grazie al canadese James Naismith, insegnante di educazione fisica presso l'YMCA di Springfield nel Massachusetts. Il nuovo sport divenne da subito estremamente popolare negli USA e si diffuse nel resto del mondo, grazie proprio all'YMCA: gli allievi di Naismith, infatti, viaggiando in moltissimi paesi per portare il messaggio cristiano, contribuirono a far conoscere a tutti la pallacanestro.
La diffusione di questo sport aumentò poi moltissimo con la nascita della Federazione Internazionale di Pallacanestro (FIBA) nel 1932. 
In occasione delle Olimpiadi di Berlino del 1936 il basket fu aggiunto al programma olimpico e, nel  1946, nacque negli USA la National Basketball Association (l'NBA), con lo scopo di organizzare le squadre professionistiche e rendere lo sport più popolare. 

 
Campo e attrezzature di gioco
Le partite di pallacanestro vengono solitamente giocate al coperto il cui soffitto deve essere ad una altezza di almeno 7 m dal campo di gioco.  
Il campo di gioco è un rettangolo largo 15 metri e lungo 28 con un pavimento in legno (o di gomma o sintetico) delimitato da linee.  
Per il gioco, sono necessari due tabelloni, due canestri e i relativi sistemi di sostegno e protezione.
I canestri sono appesi ai tabelloni a 3.05 mt di altezza da terra. La palla è di colore arancione-marrone, con linee nere; deve ovviamente essere sferica, di cuoio o pelle ruvida, o di materiale sintetico, in modo da facilitare la presa dei giocatori anche con le mani sudate. 

Svolgimento del gioco
Ogni partita dura 40 minuti suddivisi in 4 periodi di 10 minuti ciascuno. 
In campo si schierano due squadre di 5 giocatori ciascuna.
Ogni squadra per completare un attacco ha 24 secondi di tempo, se non ci riesce il possesso passa alla squadra avversaria. I 24 secondi vengono ripristinati ogni qualvolta la palla cambia di possesso o tocca l'anello del canestro. La squadra vincente della partita è quella che ha realizzato il maggior numero di punti alla fine del 4° periodo di gioco. In caso di parità la gara si prolunga di altri 5 minuti (tempo supplementare) e in caso di ulteriore parità si procederà ad oltranza con altri tempi supplementari. Il conteggio dei punti viene effettuato assegnando ad ogni canestro un punteggio a seconda del luogo in cui si trovava chi ha lanciato la palla e del tipo di tiro effettuato:
  • 1 punto: viene assegnato per ogni canestro fatto eseguendo un tiro libero
  • 2 punti: vengono assegnati per ogni canestro fatto eseguendo un tiro all'interno dell'area delimitata dalla linea dei 3 punti.
  • 3 punti: vengono assegnati per ogni canestro fatto eseguendo un tiro all'esterno dell'area dei 3 punti (entrambi i piedi del tiratore non devono toccare la linea).


lunedì 11 gennaio 2021

PARAFRASI LA CALANDRA DI PASCOLI

Galleggia in alto un cinguettìo canoro.
È la calandra, immobile nel sole
meridïano, come un punto d’oro.

E le sue voci pullulano sole
dal cielo azzurro, quando è per tacere
la romanella delle risaiole;

e non più tintinnìo di sonagliere
s’ode passare per le vie lontane,
chè già desina all’ombra il carrettiere.

Nè più cicale, nè più rauche rane,
non un fil d’aria, non un frullo d’ale:
unica, in tutto il cielo, essa rimane.

Rimane e canta; ed il suo canto è quale
di tutto un bosco, di tutto un mattino;
vario così com’iride d’opale.

Canta; e tu n’odi il lungo mattutino
grido del merlo; e tu senti un odore
acuto di ginepro e di sapino.

senti un odore d’ombra e d’umidore;
di foglie, di corteccia e di rugiada;
un fragrar di corbezzole e di more.

Vai per un bosco, e senti, ove tu vada,
quei fischi uscir più liquidi e più ricchi;
poi, come colpi da remota strada

di spaccapietre, il martellar de’ picchi.



PARAFRASI

Si sente nell'aria un canto cinguettante, è la calandra che, alta nel cielo, contro il sole del pomeriggio assume un colore dorato. 
E i suoi versi sembrano sgorgare dal cielo azzurro, quando le mondine smettono di  cantare e per le vie lontane non si sentono più i sonagli del carro perché il carrettiere è già andato a cena; non si sentono più le cicale né i versi rauchi delle rane, l'aria è immobile, nessun battito d'ali, si sente solo il verso della calandra. 
Lei resta lì e canta e il suo canto è come quello di un intero bosco, di una mattinata intera, è un canto vario come l'iridescenza di un'opale. 
(La calandra) Canta e tu senti il lungo verso del merlo al mattino, senti l'odore pungente del ginepro e dell'abete. Senti l'odore del fitto bosco e dell'umidità, odore di foglie, di corteccia e di rugiada, un intenso profumo di corbezzoli e di more. 
Cammini per il bosco e senti, ovunque tu sia, i suoi fischi che sono più limpidi e più potenti; senti anche il ritmico battere dei picchi, come se fossero i colpi degli spaccapietre su una strada lontana. 

ANALISI METRICA

Prima parte di una lirica più lunga, questa poesia composta da 25 versi divisi in 8 terzine e un verso finale. Lo schema ritmico è ABA BCB CDC DED EFE FGF GHG HIH 


FIGURE RETORICHE

Enjambement= vv. 2-3 "nel sole/meridiano" - vv. 16-17 "mattutino/grido
Similitudine= v. 3 "come un punto d'oro"  - v. 15 "vario così com’iride d’opale" 
Paronomasia= v. 2 e v. 4 "sole" (la stella) e "sole" (da sole, soltanto loro)
Iperbato= vv. 5-6 "quando è per tacere/la romanella" - vv. 24-25 "poi, come colpi da remota strada
di spaccapietre, il martellar de’ picchi"
Tecnicismo=  v. 6 "romanella" è un tipico canto popolare della Romagna - v. 18 "sapino" (termine regionale che sta per abete rosso)
Onomatopea= v. 7 "tintinnìo" - 
Metonimia= v. 10 "rauche rane" (è il gracidio che è un verso di gola ad essere roco, non certo la rana)
Ripetizione= vv. 10 e 11 "nè...nè" , "non... non
Poliptoto= v. 13 "canta"-"canto"  - v.22 "vai" - "vada"
Sinestesia= v. 19 "odore d'ombra" "(odore) di rugiada"
Enumerazione= vv. 19-20-21 "un odore d’ombra e d’umidore; di foglie, di corteccia e di rugiada;
un fragrar di corbezzole e di more"


SPIEGAZIONE

La calandra è un uccello della famiglia delle allodole, in grado di imitare e riprodurre i versi di molti altri uccelli. Di solito canta elevandosi alta nel cielo e sfarfallando le ali. 
Questo particolare uccello offre quindi un intero mondo poetico da esplorare: col suo particolare verso essa rappresenta non solo il tempo (una mattina) e lo spazio (un intero bosco), ma anche animali diversi che sono legati all'uomo e alla sua giornata. 
Quando tutti si ritirano e smettono le loro occupazioni (le mondine e il carrettiere), quando anche le rane smettono di gracidare e tutti gli altri uccelli si sono ritirati nei loro nidi, la calandra resta e canta. 
E mentre lo fa tu senti in quel canto molti altri suoni: ti pare di sentire il merlo e il ritmico battere dei picchi contro i tronchi. Ma la cosa più straordinaria è che il suo canto è in grado di trasportarti altrove: ti fa sentire come se fossi dentro un bosco ombroso, ti fa avvertire la sensazione di umido, di fresco.
E' in grado di farti percepire quell'odore tipico del legno e quei profumi di frutti selvatici.  
E' la natura che si svela all'uomo attraverso il canto di un uccello. Un canto che dà ritmo allo spazio e al tempo e che accompagna la vita del poeta, attraverso un linguaggio sconosciuto, ma nello stesso tempo familiare. Ci troviamo di fronte al simbolismo pascoliano: il mistero del mondo e della natura si rivelano all'uomo grazie al poeta (poetica del fanciullino) e alla sua familiarità con lo spazio naturale e le sue creature. Il lessico è tipicamente pascoliano: ricco, con presenza di tecnicismi, onomatopee, parole auliche e altre più popolari.