domenica 21 ottobre 2018

PARAFRASI ARES E ZEUS ILIADE

Iliade, Libro V, dal verso 872 al verso 899

Sintesi e antefatto
Dopo essere stato ferito in battaglia da Diomede, Ares, dio della guerra e figlio di Zeus, si reca sull’Olimpo e protesta contro l’atteggiamento di parzialità del padre, che predilige la figlia Atena.
Per quanto irato con il figlio, nel quale vede i difetti della moglie Era, Zeus ordina al medico Peone di guarirlo.

«Padre Zeus, non t’adiri a veder fatti così atroci?
di continuo noi numi subiamo mali orrendi,
gli uni a causa degli altri, per compiacere i mortali.
Ma tutti l’abbiamo con te, perché hai generato
una pazza funesta, che medita sempre empietà.
Perché tutti gli altri, quanti son numi in Olimpo,
ubbidiscono a te, ti teme ognuno di noi;
ma questa non biasimi mai, né a parole né a cenni;
lasci che faccia, perché l’hai generata tu solo tal figlia funesta.
Ed essa ora il figlio di Tideo, l’orgoglioso Diomede,
ha scatenato, furente, contro i numi immortali;
prima ha ferito Ciprigna, dappresso, al braccio, sul polso,
poi contro me s’è levato, e un nume pareva;
e m’han salvato soltanto i piedi veloci;
ché a lungo avrei sofferto pene, se no, fra tetri cadaveri,
o, vivo, sarei rimasto privo di forza sotto i colpi del bronzo».
Ma guardandolo bieco Zeus che aduna le nubi rispose:
«Non starmi a sedere qui e a piangere, banderuola!
Tu sei il più odioso per me, dei numi che hanno l’Olimpo:
sempre contesa t’è cara, e guerra e battaglia.
L’insopportabile, indomito furore hai tu della madre, Era;
anch’essa a fatica posso domar con parole.
Sono sicuro che tu soffri questo pei suoi consigli.
Non posso volere però che tu patisca ancor molto;
sei figlio mio, la madre ti generò da me.
Ché se tu fossi la stirpe d’un altro dio, Distruttore,
da molto tempo staresti più in basso dei figli del Cielo».
Disse così, e impose di sanarlo a Peone.


PARAFRASI

Parla Ares
Chiede a Zeus, suo padre, se non si adiri a vedere accadere fatti così tremendi agli dei, che, per favorire i mortali, si fanno del male gli uni con gli altri. Poi gli dice che tutti (gli dei) sono arrabbiati con lui perché ha generato una dea furiosa (Atena) che ha sempre in mente qualche cattiveria da commettere. Continua dicendo che tutti gli altri dei lo rispettano come padre, gli obbediscono e ne hanno timore, mentre lui permette a questa figlia di comportarsi come vuole senza redarguirla o fermarla in alcun modo, e lo fa perché è stato lui a farla così pericolosa com'è.  
Gli riferisce che è stata Atena a scatenare contro gli dei la rabbia di Diomede, l'orgoglioso figlio di Tideo, che prima ha ferito Ciprigna (=Afrodite) su un braccio e poi si è scagliato con la forza di un dio contro lo stesso Ares che si è salvato soltanto grazie ad una fuga veloce, altrimenti sarebbe finito in mezzo ai morti, soffrendo atrocemente, oppure sarebbe rimasto vivo ma senza più forze sotto i colpi della spada.

Parla Zeus
Zeus radunatore di nuvole guarda il figlio in modo torvo, lo chiama voltagabbana (banderuola) e gli dice di non star lì a piagnucolare, che fra tutti gli dei dell'Olimpo Ares è certo quello più detestabile, a cui piace provocare guerre, lotte e litigi. Continua dicendo che di sicuro ha preso dalla madre Era quella furia indomabile e insopportabile e che lui stesso fa fatica a placare con le parole. Si dice sicuro che oggi Ares soffra così a causa dei consigli della madre e aggiunge che però non vuole che il figlio soffra: lui è suo padre e lo aiuterà, altrimenti, se fosse stato figlio di un qualche altro dio, un distruttore certamente, allora starebbe molto più in basso di tutti gli dei.
Poi chiede a Peone di curare il figlio. 


COMMENTO
E' un siparietto dalla lettura divertente, un quadretto familiare che rappresenta gli dei in maniera estremamente umana. E' un litigio molto simile ad un qualunque battibecco fra persone comuni in cui un figlio si lamenta col padre del comportamento della sorella scapestrata, chiedendo per lei più severità e qualche punizione. Il padre, Zeus in questo caso, respinge le accuse scaricando la colpa sul carattere "fumantino" della madre da cui i figli avrebbero preso. 


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