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sabato 11 gennaio 2014

PARAFRASI ACHILLE E PRIAMO

Priamo entra senza essere visto e si avvicina ad Achille, gli prende le ginocchia fra le mani e poi gli bacia le mani: quelle terribili mani che gli avevano ucciso tanti figli. Così come quando una grave colpa ha travolto un uomo, che, ucciso in patria qualcuno, fugge in altro paese, in casa d’un ricco signore e al suo apparire suscita stupore nei presenti, così meravigliato Achille guardava Priamo simile a un dio. Anche gli altri erano stupiti e si guardavano in faccia.

Priamo si rivolge ad Achille pregandolo di pensare a suo padre, che ha gli stessi suoi anni ed è anche lui sulla soglia della vecchiaia, e che forse anche lui ha delle persone attorno che lo tormentano e non ha nessuno vicino che possa allontanare da lui il danno e il male. Però lui, almeno, ha la gioia di sapere che suo figlio Achille è vivo e può sperare di vederlo ritornare da Troia. Priamo dice invece che lui è infelice perché ha generato figli valorosi, ma nessuno di loro è rimasto in vita. Ne aveva 50 quando gli Achei arrivarono ad assediare la città, 19 erano figli della stessa moglie, gli altri erano figli delle altre sue donne della reggia. Ma molti di loro sono morti e quello che poteva difendere la città anche da solo era stato ucciso da Achille. Priamo dice di essere andato lì, fra le navi degli Achei, per suo figlio Ettore, per riscattare il suo corpo con molti oggetti preziosi che ha portato con se'. Chiede ad Achille di rispettare gli dei e di avere compassione di lui, pensando a suo padre e al fatto che Priamo è molto più infelice di lui. Oltretutto Priamo ha fatto qualcosa che nessun altro uomo ha mai fatto, cioè baciare la mano di colui che gli uccise il figlio.
Parlando così, fece salire il pianto agli occhi di Achille che pensava a suo padre e che prese la mano del vecchio scostandolo dolcemente. Entrambi erano presi dai loro ricordi: Priamo pensava ad Ettore sterminatore di guerrieri e piangeva a dirotto rannicchiato ai piedi di Achille che a sua volta piangeva un po' per suo padre e un po' per Patroclo. Il loro lamento si levava alto nella stanza.
Ma quando il divino Achille si fu consolato grazie a quel pianto, gliene passò la voglia e si alzò in piedi sollevando il vecchio e provando compassione per quel capo canuto e quel mento bianco.
Allora si rivolse al vecchio dicendogli che era vero, che aveva dovuto soffrire molto e che serviva proprio un cuore di ferro per osare andare al cospetto dell'uomo che gli aveva ucciso tanti figli. Poi lo invita ad accomodarsi e a smettere di piangere, poiché il pianto non offre conforto, ma fa solo venire freddo. 
Achille dice che sono gli dei ad aver stabilito che gli uomini vivano in mezzo alla tristezza, mentre loro sono senza preoccupazioni. Dice che nella sala di Zeus ci sono i due vasi dei doni che egli dà ai mortali: uno è pieno di mali, l’altro di beni. E la persona a cui Zeus fulminatore li offre mescolati, ora incontra sventura, ora felicità. Ma se a uno porge solo guai, lo rende un miserabile: e una fame malvagia lo fa andare nel mondo,  disprezzato dagli uomini e dagli dei. Continua dicendo che anche a Peleo gli dèi offrirono splendidi doni, fin dalla nascita: ed egli si distingueva tra tutti gli uomini per agi e ricchezze, era re dei Mirmidoni. E poi gli avevano dato in moglie una dea, anche se lui era mortale. Però anche a lui fu data una sventura: non gli nacque, là nel palazzo, una discendenza di sovrani, ma generò un figlio solo, destinato a precocissima morte. E ora che è vecchio, lui non se ne prende cura, ma è costretto a stare lontano dalla patria, a rattristare Priamo e i suoi figli. Achille continua dicendo che anche Priamo un giorno è stato felice e famoso in tutte le terre che sono comprese tra Lesbo, la Frigia e l' Ellesponto; famoso per le sue ricchezze e i numerosi figli. 
Ma dopo che gli dèi lo hanno colpito con il problema della guerra di Troia, continuamente intorno alla sua città ci sono state battaglie e carneficine. Achille invita il vecchio a rassegnarsi e a non angosciarsi all'infinito, poiché non ci guadagnerà nulla ad affliggersi per il figlio morto: Ettore non potrà resuscitare comunque e magari potrebbe succedere qualcosa di ben più grave.

Allora Priamo, rifiutandosi di sedere sul seggio offertogli da Achille, chiede al giovane di lasciargli prendere il corpo e di accettare i molti doni del riscatto;  gli augura di poterseli godere e di tornare presto in patria. Ma Achille lo guarda scuro in volto e dice di non irritarlo, che era già sua intenzione rendere Ettore a suo padre. Dice che è stata addirittura sua madre (Teti), venuta da parte di Zeus, a chiedergli questa cosa. E aggiunge che solo un dio avrebbe potuto aiutare un vecchio a recarsi fin lì alle navi degli Achei, perché anche ad un giovane sarebbe mancato il coraggio e la forza di penetrare nel campo: nessuno avrebbe potuto farlo senza essere visto dalle guardie. Conclude dicendo di non farlo arrabbiare, che lui ha già i suoi guai e che in fondo potrebbe anche uccidere Priamo, trasgredendo agli ordini di Zeus. A queste parole il vecchio Priamo tremava di paura e obbediva al comando.

Achille intanto, esce dalla stanza con un balzo felino. Non è solo: con lui si muovono anche due scudieri: l’eroe Automedonte e Alcimo, che Achille onorava più di tutti gli altri compagni, dopo la morte di Patroclo. Essi allora staccavano di sotto il giogo i cavalli e i muli: conducevano dentro l’araldo banditore del vecchio, e lo fanno sedere su di uno scranno. Poi tiravano giù dal lucido carro i molti doni, destinati al riscatto della salma di Ettore. Vi lasciarono sopra due manti leggeri di lino e una tunica di fine tessuto: Achille voleva coprire il cadavere, e consegnarlo così da poter essere portato a casa. Poi chiamava fuori le ancelle e ordinava loro di lavar il corpo e di ungerlo tutto, ma di farlo in un posto appartato poiché non voleva che Priamo vedesse suo figlio così. Achille teme che il vecchio, tanto addolorato, non avrebbe saputo dominare la sua rabbia alla vista del figlio morto e magari Achille avrebbe potuto infuriarsi e ucciderlo, violando gli ordini di Zeus. Dopo che le ancelle lo ebbero lavato e unto di olio, gli misero addosso il bel manto e la tunica e Achille lo sollevava con le proprie mani e lo deponeva sul letto di morte. E insieme con lui, i compagni lo portarono così sopra il lucido carro.

venerdì 13 dicembre 2013

ANALISI PERSONAGGIO TELEMACO

Telemaco a colloquio con Atena
(sotto  le sembianze di Mente,
vecchio amico di Ulisse)
Telemaco, unico figlio di Ulisse e Penelope, è ancora bambino quando il padre parte per andare a combattere a Troia. Inizialmente, non comprende le reali intenzioni dei Proci ma, nel momento in cui ha inizio l'Odissea, il ragazzo è ormai cresciuto: ha vent'anni e, pur essendo desideroso di proteggere sua madre, è ancora  rassegnato e  impotente di fronte alla devastazione che i pretendenti stanno perpetrando in casa sua.  
L'incontro con Atena, nel Libro 1 del poema, lo aiuta a cambiare le cose: sotto consiglio della dea, infatti, riunisce l'assemblea e denuncia pubblicamente il comportamento dei Proci. Poi, sempre sotto la guida di Atena, parte per il suo viaggio alla ricerca del padre---> la cosiddetta Telemachia che occupa i primi 4 libri dell'Odissea. 
La conoscenza di paesi lontani, l'incontro con genti diverse, l'esperienza lontano da casa maturano il ragazzo che, al ritorno, è ormai un uomo a tutti gli effetti: pronto a combattere attivamente per difendere la propria casa e l'onore della madre, egli attenderà il ritorno del padre e gli sarà a fianco nella battaglia finale. 
Telemaco assomiglia ad Ulisse, anche se, forse, non possiede tutti quei tratti che caratterizzano il grande eroe omerico: Telemaco è meno sciolto nell'eloquio, ha un'indole più tranquilla e commette qualche errore di troppo (nel libro 22 lascia aperto un deposito di armi di cui si impossessano i Proci), ma è comunque sulla buona strada per ricalcare le orme del padre. Ce lo indica l'episodio dell'arco, nella scena finale: il ragazzo riesce quasi a tenderlo e, pur non riuscendovi, si capisce che presto sarà in grado di farlo, così come saprà essere il degno figlio di Ulisse. 
Telemaco è la prima figura adolescenziale descritta dalla poesia greca.
Nel poema, egli rappresenta la continuità: Ulisse e Penelope sono vicini al tramonto della loro vita e il giovane pare incarnare il futuro, la vita che riprende, anche dopo la scomparsa delle grandi figure che hanno caratterizzato la storia di Itaca.
Omero ci presenta il carattere di questo giovane e la sua formazione anche per sottolineare il fine educativo della sua poesia: così come gli insegnamenti e i saggi consigli ricevuti dagli anziani hanno portato Telemaco a crescere e ad essere pronto per la vita, così la poesia, portatrice di ideali e valori,  potrà essere d'insegnamento agli uomini. 



martedì 17 settembre 2013

VERIFICA SULL'ODISSEA

RIPASSO ODISSEA

RIPASSO ODISSEA

 

domenica 8 settembre 2013

PARAFRASI ACHILLE UCCIDE ETTORE

Ettore e Achille in combattimento
Parla Ettore
Quando si trovarono uno di fronte all'altro, Ettore dall'elmo scintillante parlò ad Achille per primo, dicendogli che non sarebbe più fuggito di fronte lui come era già successo quando, per ben tre volte, di fronte alle mura di Troia, non era riuscito a difendersi dal suo attacco; adesso il suo animo lo spinge a non fuggire più, qualunque sia la sorte che gli toccherà. 
Continua dicendo che gli dei saranno testimoni dei loro accordi e di ciò che accadrà e che lui non ha intenzione di portargli disonore se grazie all’aiuto di Zeus riuscirà ad ucciderlo. Dice anche che quando gli avrà tolto le armi restituirà il suo corpo agli Achei e che anche Achille dovrà fare così. 
Parla Achille
Achille, guardandolo minacciosamente, disse che non sarebbe sceso a patti con lui, perché così come non è possibile un'alleanza fra uomini e leoni o tra lupi e agnelli, che sono fra loro sempre in odio e in disaccordo, così anche loro due non potranno mai volersi bene. Ribadisce che fra loro non ci saranno patti e che il primo che morirà appagherà Ares con il sangue del nemico. Poi gli ricorda che dovrà essere abilissimo nell'usare la lancia e veloce nel combattere senza commettere errori. Dice ad Ettore che non può più sfuggire al suo destino, che gli dei hanno già deciso e che Atena lo ucciderà per mezzo della sua lancia: in questo modo pagherà tutto il dolore che ha recato al popolo degli Achei. 
Primo attacco di Achille
Mentre dice queste cose Achille scaglia la lancia contro Ettore che però riesce ad evitarla abbassandosi: l'asta si conficca nel terreno, ma Atena, senza essere vista da Ettore, la ripone nelle mani di Achille. 
Parla Ettore
A quel punto Ettore dice ad Achille che la sua mira non ha avuto un esito positivo, che lui non può sapere davvero ciò che succederà e che Zeus non vuole la sua morte. Il fatto di averlo dichiarato con tanta abilità era, da parte di Achille, solo un modo per scoraggiarlo. Ettore ribadisce che lui non fuggirà di fronte al suo attacco, ma lo affronterà a viso aperto e, se davvero Achille vorrà ucciderlo, lo dovrà fare mentre anche Ettore lo sta attaccando. Lo esorta ad evitare la lancia che sta per scagliarli addosso e che spera gli si conficchi nel corpo. Dice che se riuscisse ad ucciderlo la guerra sarebbe molto più facile per i Troiani perché lui (Achille) è l'ostacolo maggiore. 
Attacco di Ettore che sbaglia
Mentre parla così, bilancia l'asta e la scaglia, ma questa finisce contro lo scudo di Achille e rimbalza cadendo per terra. Ettore allora si innervosisce perché il lancio si rivela inutile, e, preso dallo sconforto perché non ha più lance, chiama il fratello Deifobo, affinché gli passi un’altra lancia, ma Deifobo non è più accanto a lui. 
Ettore capisce che morirà
Allora Ettore capisce il suo destino interpretato dal fato e gridando dice di non avere più dubbi: gli dei hanno decretato la sua morte. Pensava di aver vicino Deifobo, ma egli è all’interno di Troia e quindi sa che Atena lo ha imbrogliato e che il suo destino è di dover morire perché tutto era già stato stabilito da Zeus e da suo figlio, Apollo, che adesso gli sono nemici mentre un un tempo furono benevoli nei suoi confronti. Sa che la morte lo ha raggiunto, sa che deve morire, ma non ha intenzione di ritirarsi e lotterà fino alla fine così da morire gloriosamente e da essere stimato dai posteri. Dicendo così estrae la spada, che gli pende da dietro al fianco, grande e pesante, e parte di scatto all’attacco, come un’aquila che piomba verso la pianura, attraversando le nuvole buie, per uccidere un giovane agnello o una lepre: in tal modo scattò Ettore, agitando la spada acuminata.
Achille uccide Ettore
Ma anche Achille partì all’attacco, con il cuore selvaggio carico di collera: pose davanti a sé lo scudo bello, decorato, scuotendo la chioma lucente, che Efesto aveva creato fitta attorno al cimiero.
Come la stella procede tra i vari astri durante la notte, Espero, l’astro più lucente del cielo, così luceva la spada del glorioso Achille nella sua mano destra, mentre pensava intensamente a come uccidere Ettore, cercando con gli occhi un punto del suo corpo che fosse scoperto dall’armatura. Le armi bronzee ricoprivano tutto il corpo di Ettore, colui che uccise Patroclo; ma vi era una fessura dove le clavicole dividono le spalle dalla gola e dal collo, e quello è un punto di rapida morte.
Qui Achille lo colpì, la punta dell’asta passò attraverso il morbido collo di Ettore, però non gli tagliò le corde vocali così Ettore poté ancora parlare.
Parla Achille
Achille si vantò dicendo ad Ettore che mentre spogliava Patroclo delle sue armi credeva forse di poter sfuggire da lui, che era lontano sulle navi, ma rimaneva pur sempre il suo difensore. Dice che adesso cani e uccelli lo sbraneranno e lo seppelliranno gli Achei.
Ultimo discorso di Ettore
Ettore, ormai senza forze, lo prega per la sua vita, per sue le ginocchia, per i suoi genitori, di non lasciare che venga sbranato dai cani degli Achei, ma di accettare oro e bronzo senza fine, i doni che gli verranno dati dal padre e dalla nobile madre affinché renda il suo corpo e possa essere bruciato. Ma Achille lo guarda storto e gli intima di non pregarlo per nessun motivo, perché la rabbia e il furore lo spingono a tagliuzzare le carni di Ettore e a divorarle per quello che lui ha compiuto. Ribadisce che nessuno allontanerà dal suo corpo le cagne, per nessun motivo, nemmeno se Priamo offrisse tanto oro quanto pesa. E in questo modo la sua nobile madre non potrà piangere sul suo letto, perché i cani e gli uccelli lo avranno sbranato. 
Allora Ettore risponde che lo sapeva, che non avrebbe potuto convincerlo perché Achille ha un cuore di ferro, senza pietà. Poi lo ammonisce perché forse la sua morte porterà ad Achille l'odio degli dei e quel giorno Paride, guidato da Apollo, lo ucciderà sopra le porte Scee. 
Achille trascina Ettore nella polvere
Mentre dice così, Ettore muore; il suo spirito vola via e scende nell’Ade, rimpiangendo la giovinezza e il vigore. Allora Achille pensò di fare un'offesa al glorioso Ettore: gli forò i tendini dei piedi, dalla caviglia al tallone, ci passò due cinghie, lo legò al cocchio, lasciando la testa ciondolare a terra, e balzato sul cocchio, alzando in alto le armi, li frustò per farli partire: desiderosi di correre, i cavalli quasi volarono. Intorno al corpo trainato si alzò la polvere: i capelli neri si scompigliarono; tutta la testa giaceva in mezzo alla polvere, prima stupenda: allora Zeus lo diede ai nemici, che lo sconciassero nella sua patria.  

mercoledì 21 agosto 2013

CARTINA DEL VIAGGIO DI ULISSE


Tappe del viaggio di Ulisse

1)Partenza da Troia
2)Ulisse e i suoi uomini fanno tappa a Ismara, capitale del Regno dei Ciconi. Saccheggiano la città e rapiscono alcune donne. Durante uno scontro, però, le donne riescono a fuggire e Ulisse perde diversi uomini.
3)Isola dei mangiatori di Loto--->fiore che dona l'oblio.  Gli abitanti fanno mangiare questo fiore ad alcuni compagni di Ulisse che sembrano aver trovato così la massima felicità. Ulisse, però, riesce a convincerli a far ritorno a casa con lui.
4)Terra dei ciclopi-->collocata per tradizione in Campania o in Sicilia (per via del Vesuvio e dell'Etna il cui cratere ricorda il solo occhio dei ciclopi). Qui Ulisse e i suoi compagni vengono intrappolati da Polifemo, ma grazie alla sua astuzia riescono a fuggire.
5)Isola di Eolo. Ulisse riceve in dono dal dio un otre pieno di venti. Non sapendolo, arrivati vicino alle coste di Itaca, aprono l'otre pensando che dentro ci fosse dell'oro: i venti, così liberati, si scatenano e allontanano le barche dalla madrepatria.
6)Isola dei Lestrigoni (localizzata tra Formia e Gaeta). I Lestrigoni sono antropofagi (mangiano gli uomini) che distruggono tutte le navi della flotta, tranne una, quella di Ulisse, che riesce così a fuggire da quella terra inospitale.
7)Isola di Ea, dove vive la maga Circe la quale trasforma  i compagni di Ulisse in porci. L'eroe greco riesce a salvarli e rimane sull'isola per circa un anno.
8)Tiresa e la discesa nell'Ade. Ulisse discende nell'Ade dove interroga l'indovino Tiresia per conoscere il suo futuro. Incontra anche sua madre e diversi eroi (Agamennone, Achille ed Aiace).
9)Torna da Circe e finalmente riparte. Grazie ai consigli della maga riesce a sfuggire alle
10)Sirene, dal canto ammaliatore, ma funesto, e poi, nello stretto di Messina, a sopravvivere a
12)Scilla (un mostro a 6 teste) e
11)Cariddi (un gorgo terribile).
13)Isola del Sole (Trinacria). Qui pascolano i buoi sacri al dio Sole--->i compagni li mangiano, nonostante fossero animali sacri e per questo il dio scatena una tempesta dove tutti perderanno la vita, tranne Ulisse.
14)Isola di Ogigia, dove vive la ninfa Calipso. Qui Ulisse rimane per 7 anni. Quando Ulisse deve ripartire la ninfa, innamorata di lui, gli offre l'immortalità, ma l'eroe rifiuta e riparte per Itaca.
15)Isola dei Feaci. Ulisse racconta ad Alcinoo, re dell'isola, le sue avventure. Alcinoo decide di aiutarlo a far ritorno a casa offrendogli una delle sue navi.
16)Itaca. Arrivato finalmente in patria, Ulisse trova il suo palazzo invaso dai Proci che vogliono sposare Penelope e sedere sul trono al suo posto. Dopo uno scontro, Ulisse riesce a cacciarli e a
riabbracciare la moglie e il figlio Telemaco.

martedì 20 agosto 2013

PARAFRASI ETTORE E ANDROMACA

Parla Andromaca
Oh, miserabile il tuo coraggio sarà il motivo della tua morte; non hai pietà del tuo piccolo figlio e di me, che presto diventerò vedova, perché i Greci ti uccideranno balzandoti addosso: sarebbe meglio che io morissi perché senza di te non avrò nessuna gioia ma soltanto dispiaceri.
Io non ho più padre e madre. Il coraggioso Achille l'ha ucciso ed ha distrutto la città dei Greci, Tebe delle alte porte; egli uccise mio padre, ma non gli tolse le armi perché ne ebbe compassione, lo fece bruciare con la sua armatura e lo seppellì; le ninfe montane figlie di Zeus piantarono olmi sopra la sua tomba. Avevo sette fratelli, che furono uccisi dalle frecce del veloce e coraggioso Achille, tutti in un solo giorno, mentre pascolavano i buoi e le pecore. Mia madre, regina di Placo, fu uccisa da Artemide dopo aver pagato un riscatto ad Achille per essere lasciata libera.
Per me tu sei l'unica persone che ho; rimani a casa e non rendere tuo figlio orfano e me vedova, ferma l'esercito in prossimità del coprifuoco dove il muro è più accessibile e più facile assalire la città. 

Parla Ettore
Ettore allora, che aveva un elmo in testa, disse: anche io penso a tutto questo, ma mi vergognerei davanti ai troiani se restassi come un vile lontano dalla guerra. Non vorrei che tutto questo accadesse, ma ho imparato ad essere forte e a combattere in mezzo ai troiani, procurando a me stesso e a mio padre grande gloria.
Io so bene che verrà un giorno in cui la sacra città di Troia, con il suo re Priamo e il suo popolo, morirà: in quel momento io non soffrirò così tanto per il popolo, per mia madre, mio padre e per i miei fratelli che cadranno sotto la mano dei nemici, ma soffrirò per te che sarai fatta prigioniera da qualche acheo che ti trascinerà via piangendo: allora vivrai ad Argo e sarai costretta a tessere la tela e a portare l'acqua alle sorgenti greche: e questa sarà una vita difficile per te. E chi ti vedrà piangere dirà: ecco la sposa di Ettore, il più forte guerriero dei troiani quando lottava per la sua patria. Per te sarà una cosa straziante perché sarai senza l'uomo che ti avrebbe potuto tenere lontano dalla schiavitù. Spero di morire prima di sentire le tue grida di aiuto. 
Dicendo così Ettore tese le braccia al suo bambino, ma questi si ritirò sul petto dell'ancella, impaurito dall'aspetto del padre e spaventato dal cimiero piumato che stava in cima all'elmo.
Parla Ettore
Sorrisero il padre e la madre, Ettore si tolse l'elmo e lo posò in terrà, poi baciò il figlio e lo sollevò tra le braccia e pregò tutti gli dei: "Zeus, e voi tutti o dei, fate sì che mio figlio possa crescere come me e che si distingua fra i troiani per la sua forza e regni su Troia e fate che un giorno si possa dire di lui che è molto più forte di suo padre. Quando tornerà dalle battaglie porti i corpi dei nemici uccisi e ne possa essere felice sua madre". Dopo che ebbe detto così dette il bambino ad Andromaca; lei lo strinse a se' e sorrise piangendo; Ettore si commosse a guardarla e le disse: "Misero è il tuo destino, nessuno può mandarmi nel regno dei morti. Non c'è umano che può evitare il suo destino".
Dopo aver detto così accompagnò sua moglie a casa e vedeva le ancelle piangere perché sapevano che non l'avrebbero più rivisto in quella casa.

mercoledì 3 aprile 2013

EPISODI DELLA FURBIZIA DI ULISSE

Alcuni episodi che raccontano l'astuzia del più grande eroe omerico.

Ulisse si finge pazzo per non andare in guerra
Prima della guerra di Troia, i messaggeri di Agamennone vanno a Itaca per reclutare Ulisse e portarlo in guerra. Ma Ulisse non ha nessuna intenzione di lasciare la propria famiglia e per questo si finge pazzo: aggioga ad un aratro un cavallo ed un bue e fa trovare mentre ara la spiaggia e vi semina del sale. Però, tra coloro che sono venuti a prenderlo, c'è qualcuno più furbo di lui. Palamede, infatti, prende il figlio di Ulisse, Telemaco, e lo mette davanti all'aratro per vedere se il padre è veramente così pazzo da travolgerlo. Ulisse in questo modo viene smascherato ed è costretto a partire per Troia.

Il ratto del Palladio
Il Palladio è un antichissimo simulacro ligneo di Minerva che viene custodito nella rocca di Pergamo (la rocca di Troia). Secondo un'antica tradizione la città che lo custodisce non può essere conquistata dai nemici. Ulisse, però, insieme a Diomede, si introduce in città travestito da mendicante, ruba l'immagine della dea e, scavalcando le mura, lo porta nell'accampamento degli Achei. Quest'avventura viene raccontata come una delle cause della sconfitta troiana. 

Il cavallo di Troia
Dopo la morte di Achille i Greci non pensano di riuscire più a conquistare Troia, ma l'astuzia di Ulisse muta le sorti di una guerra che è in stallo da ben 10 anni. Una mattina, infatti,  le sentinelle troiane si accorgono che le navi greche sono salpate e trovano sulla spiaggia, ormai deserta,  un gigantesco cavallo di legno lasciato come dono (pensano!) alla dea Atena. Priamo acconsente a farlo entrare in città contro il volere di Cassandra, la profetessa che è a conoscenza dell'inganno. La porta della città viene così distrutta al fine di permettere il passaggio del cavallo. Dopo una notte di festa le sentinelle troiane si addormentano convinte che i Greci se ne siano andati, ed è a quel punto che dal cavallo di legno si apre un pertugio da cui scendono Ulisse e una trentina tra i più valorosi guerrieri achei. I guerrieri sgozzarono le sentinelle addormentate e aprono le porte della città ai compagni che aspettavano di fuori con i quali conquistano finalmente Troia.

Il Ciclope
Ulisse e i suoi compagni durante il viaggio di ritorno ad Itaca sbarcano sull'isola dei Ciclopi in cerca di cibo. Qui, però, rimangono intrappolati nella grotta dove vive Polifemo: la grotta, infatti, ha l'uscita bloccata da una gigantesca pietra che solo il ciclope riesce a spostare. Molti dei compagni di Ulisse muoiono divorati dal gigante, finchè Ulisse mette a punto un piano per riuscire a fuggire.  Per prima cosa appuntisce un grosso tronco di ulivo, poi insieme ai compagni fa ubriacare il Ciclope che gli domanda quale sia il suo nome e Ulisse risponde "Nessuno". Quando il Ciclope cade addormentato, i naufraghi arroventano la punta del tronco e la conficcano nell'unico occhio del gigante. Quando Polifemo esce per chiedere aiuto agli altri Ciclopi non viene aiutato in quanto dichiara che ad accecarlo è stato "Nessuno". Al mattino, infine, il ciclope fa uscire le sue pecore dalla grotta non vedendo che Ulisse e i suoi compagni sono nascosti sotto il ventre degli animali. In questo modo riescono a raggiungere la spiaggia e a fuggire.

Ulisse inganna i Proci
Arrivato ad Itaca Ulisse si imbatte in un pastorello - che in realtà è Minerva - il quale gli chiede chi fosse e lui con la sua proverbiale astuzia inventa una storia di marinai fenici che lo avevano ospitato nella loro nave per poi abbandonarlo addormentato su quella spiaggia. Minerva poi, riassunte le sembianze della dea, gli consiglia di trasformarsi in un vecchio mendicante. Così travestito, Ulisse va dal suo fedele porcaro, Eumeo, al quale raccontò un’altra falsa storia; lì lo raggiunge il figlio Telemaco e anche a lui, subito, Ulisse non rivela la sua vera identità. Poi insieme a Eumeo e ad Atena, visibile solo a lui, si aggira fra i Proci per rendersi conto di chi fossero i pretendenti al suo trono. Il principale di questi era Antinoo di Itaca al quale Ulisse, sempre sotto le spoglie di mendicante, narra un'altra falsa versione della sua storia. Ulisse, quindi, continua a presentarsi a tutti sotto le false spoglie di un mendicante, anche alla stessa Penelope; alla moglie, infatti, raccontò di aver visto Ulisse, il quale gli avrebbe detto che si stava recando a Dodona a consultare l’oracolo di Zeus per poi fare rientro a Itaca. L’unica a scoprire la sua identità, oltre al fedele cane Argo, è la vecchia nutrice Euriclea la quale, nel lavargli i piedi come ordinatogli da Penelope, nota la cicatrice che Ulisse aveva sulla gamba, ma questi le ordina di non rivelare il suo segreto. L’inganno di Ulisse dura fino al giorno seguente quando, alle pressanti richieste dei pretendenti al trono, Penelope, ispirata da Atena, risponde che il successore di Ulisse sarebbe stato colui il quale fosse riuscito a scagliare una freccia, con l’arco di Ulisse, facendola passare attraverso i dodici anelli delle asce messe in fila.
Nessuno dei Proci ci riesce e quando il vecchio mendicante chiede di poter provare viene deriso da tutti. Ma riesce nell'impresa e rivela così a tutti la sua identità. Con l'aiuto del figlio Telemaco e di alcuni servi fedeli, Ulisse uccide i Proci e si ricongiunge all'amata Penelope.