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sabato 9 marzo 2013

POESIA SULL'IMMIGRAZIONE


You Have to Live in Somebody Else's Country 
[la traduzione più sotto]

What is it like to be an outsider? 
What is it like to sit in the class where everyone has blond hair and you have black hair? 
What is it like when the teacher says, "Whoever wasn't born here raise your hand." 
And you are the only one. 
Then, when you raise your hand, everybody looks at you and makes fun of you. 
You have to live in somebody else's country to understand. 
What is it like when the teacher treats you like you've been here all your life? 
What is it like when the teacher speaks too fast and you are the only one who can't understand what he or she is saving, and you try to tell him or her to slow down. 
Then when you do, everybody says, "If you don't understand, go to a lower class or get lost." 
You have to live in somebody else's country to understand. 
What is it like when you are an opposite? 
When you wear the clothes of your country and they think you are crazy to wear these clothes and you think they are pretty. 
You have to live in somebody else's country to understand. 
What is it like when you are always a loser. 
What is it like when somebody bothers you when you do nothing to them? 
You tell them to stop but they tell you that they didn't do anything to you. 
Then, when they keep doing it until you can't stand it any longer, you go up to the teacher and tell him or her to tell them to stop bothering you. 
They say that they didn't do anything to bother you. 
Then the teacher asks the person sitting next to you. 
He says, "Yes, she didn't do anything to her" and you have no witness to turn to. 
So the teacher thinks you are a liar. 
You have to live in somebody else's country to understand. 
What is it like when you try to talk and you don't pronounce the words right? 
They don't understand you. 
They laugh at you but you don't know that they are laughing at you, and you start to laugh with them. 
They say, "Are you crazy, laughing at yourself? Go get lost, girl." 
You have to live in somebody else's country without a language to understand. 
What is it like when you walk in the street and everybody turns around to look at you and you don't know that they are looking at you. 
Then, when you find out, you want to hide your face but you don't know where to hide because they are everywhere. 
You have to live in somebody else's country to feel it.

Traduzione

Sai cosa significa essere un' estranea?
Sai come ci si sente in una classe dove tutti sono biondi e tu invece hai i capelli neri?
Sai cosa vuol dire quando l'insegnante chiede “Chi non è nato qui, alzi la mano!” e tu sei l'unica a farlo?
E poi, quando l'hai alzata, vedi che gli altri ti guardano e ridono?
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai cosa significa quando l'insegnante ti tratta come se anche tu fossi stata lì per tutta la tua vita?
Quando parla così veloce che non riesci a capire niente e gli chiedi per favore di andare più piano?
E quando lo chiedi, gli altri ti dicono “Se non riesci a capire, è meglio per te se provi in una classe più bassa”.
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai cosa significa stare dall'altra parte?
Quando indossi gli abiti che portavi nel tuo paese e tu li trovi carini, mentre gli altri pensano che tu sia pazza?
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Cosa significa essere una sfigata.
Cosa vuol dire quando qualcuno di da' noia, senza che tu gli abbia fatto niente?
Quando gli dici di smetterla e lui risponde che non ti ha fatto niente.
E poi, visto che non la smette, ti alzi e lo dici all'insegnante.
E lui nega.
E l'insegnante domanda al tuo vicino di banco.
E lui risponde “E' vero, non gli stava facendo niente”.
Così ti prendono per bugiarda anche i professori.
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai com'è quando provi a parlare e non pronunci bene le parole?
Quando dicono di non capirti.
E ti ridono dietro, ma siccome non capisci, ti metti a ridere con loro.
E allora ti chiedono “Ma sei scema a prenderti per i fondelli da sola?”
Devi vivere in un paese che non è il tuo, per capirlo.
Sai cosa significa camminare per strada e avere gli occhi di tutti puntati addosso, solo che non te ne accorgi?
E quando lo capisci provi a nasconderti, ma non sai dove perché gli altri sono dappertutto?
Devi vivere in un paese che non è il tuo per capirlo.

Poesia pubblicata nel 1986 dalla  Anti-Defamation League per il progetto "A World of Difference" 

Questa poesia è stata scritta nel 1984 da Noy Chou. 
A quel tempo, Noy si era trasferita dalla Cambogia a Boston e frequentava il liceo. 
Con questi versi ha voluto far capire le sue difficoltà di giovane immigrata, sperando che tutti provassero ad essere più aperti verso gli altri, a prescindere dalla loro razza, cultura, identità e religione. 

giovedì 24 gennaio 2013

ITALIANI A NEW YORK: LA PAURA DELL'IMMIGRATO

Nel 1910 più di 340 mila italiani vivevano nella città di New York.
La maggior parte di loro era di origine meridionale ed era arrivata in America con un bassissimo livello di istruzione (circa il 54%  non sapeva leggere); per questo vennero più che altro impiegati in lavori edili: scavo di canali, posa di pavimentazione urbana, costruzione di ponti e tunnel della metropolitana.
Le donne, invece, lavoravano come domestiche o in fabbrica; così come lavoravano la maggior parte dei ragazzi che abbandonavano la scuola a favore della possibilità di guadagnare qualche soldo per aiutare la famiglia.

Molti immigrati italiani avevano in progetto di ritornare quanto prima nella madre patria, ma in realtà moltissimi di loro decisero di rimanere a vivere negli Stati Uniti.
A New York, come in altre città, nacquero diversi quartieri chiamati  Little Italy (oggi il più famoso si trova a Manhattan) dove gli immigrati trovavano alloggio in case piccole, spesso sovraffollate e dove le condizioni igieniche lasciavano molto a desiderare.


Come gli ebrei, anche gli italiani spesso venivano trattati con disprezzo ed erano considerati al tempo stesso "poco intelligenti" e "troppo furbi" per non essere inclini ad attività illecite.
Nel 1914, il sociologo americano E.A Ross, in questo documento esprimeva timore per la contaminazione degli anglosassoni con il sangue degli europei del sud usando queste parole:  "A un occhio esperto, la fisionomia di alcuni gruppi rivela inequivocabilmente un qualche tipo di inferiorità. In ogni volto c'è qualcosa che non va - labbra spesse, bocche grossolane, labbra superiori troppo lunghe, zigomi troppo alti, mento poco formato,  ponte del naso incavato, base del naso inclinato.."
C'era, da parte di molti americani la paura che questi italiani inferiori, integrandosi nella civilissima società americana, l'avrebbero danneggiata e in qualche modo imbastardita. Ma questo trattamento non era riservato solo agli italiani, naturalmente. C'era la stessa diffidenza nei confronti degli immigrati ebrei, irlandesi e tedeschi.
Tuttavia, gli immigrati sono ciò che ha reso New York la prima città cosmopolita del mondo: la cultura e le tradizioni hanno contribuito alla grande modernità che New York, allora come oggi, rappresenta.










Le foto pubblicate sono state prelevate qui