E' mattina e Dante e Virgilio si trovano nella cornice dei Superbi.
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Gli risponde un nobile ghibellino, dice di essere figlio di Guglielmo Aldobrandeschi e di essere stato ucciso dagli abitanti di Siena per la sua politica anticittadina.
L'uomo - che Dante non nomina, ma che si chiama Omberto - ammette la propria colpa e riconosce come giusta la pena che sta scontando: appartenere al nobile casato degli Aldobrandeschi lo ha reso tanto superbo da aver disprezzato gli uomini comuni, dimenticando che si è tutti uguali davanti a Dio.
Mentre Dante lo sta ascoltando, un'altra anima attira la sua attenzione: è Oderisi da Gubbio, celebre miniatore dell'epoca, a cui Dante chiede il motivo della sua presenza nel Purgatorio. Oderisi racconta di essere lì perché in vita fu accecato dal desiderio di fama e di eccellenza.
Oderisi parla di quanto sia vana la gloria che si raggiunge sulla terra e cita alcuni personaggi che credettero di aver raggiunto i massimi onori e che poi vennero superati da altri per fama o bravura (Cimabue e Giotto nell'arte, Guinizzelli nella poesia, Provenzano Salvani in politica).
Oderisi chiude il colloquio con una poco chiara profezia circa l'esilio di Dante.
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