Compì gli studi privatamente, con precettori o autonomamente nella biblioteca paterna, dedicandosi al greco, al latino, alle lingue moderne e alla filosofia. Questi anni di studio intenso gli procurarono svariati problemi fisici alla schiena e agli occhi di cui soffrirà per tutta la vita.
Grazie all'amico Pietro Giordani, Leopardi iniziò a rendersi conto della ristrettezza culturale della sua cittadina e sentì sempre più forte il desiderio di andarsene. Nel 1819 ottenne dal padre il permesso di recarsi a Roma, ma la città lo deluse fortemente e poco dopo fece ritorno a Recanati.
Nel 1825 lasciò nuovamente i luoghi natii per spostarsi in diverse città italiane: si stabilì a Milano
dove lavorò per l'editore Stella, poi si trasferì a Pisa, Firenze e a Napoli. E' qui che scrisse la sua ultima opera in versi, “La Ginestra”.
Morì a Napoli, nel 1837, a soli trentanove anni.
Opere
Leopardi scrisse moltissimo, sia in prosa che in poesia.
“Lo Zibaldone”, scritto in prosa, è una sorta di diario in cui Leopardi annota riflessioni, pensieri, appunti su molti argomenti, dall'amore alla filosofia alla situazione politica dell'Italia di quegli anni.
Le “Operette Morali” sono la sua opera in prosa più importante. Leopardi scrive dei dialoghi fra personaggi reali o immaginari in cui esprime le proprie convinzioni filosofiche. Da quest'opera emerge il grande pessimismo che caratterizza la sua personalità.
“I Canti” raccolgono tutta la produzione poetica dell'autore e sono divisi secondo la metrica: ci sono i Piccoli Idilli, i Grandi Idilli, le Canzoni e altre forme poetiche.
Gli Idilli sono poesie che, prendendo spunto da un'immagine della natura, esprimono riflessioni e pensieri. Le Canzoni invece riguardano di più la vita politica.
Questi due tipi di componimenti sono molto diversi nello stile perché gli Idilli sono scritti in un linguaggio semplice, mentre le Canzoni hanno uno stile più elevato e letterario.
Addirittura Leopardi rivoluziona il modo di fare poesia proprio con gli Idilli: i versi settenari e endecasillabi si alternano senza uno schema fisso e anche il numero dei versi è libero.
Questo tipo di poesia è chiamata “canzone leopardiana” o “all'italiana”.
Il pessimismo leopardiano
Per tutta la vita Leopardi fu ossessionato da una domanda “Perché l'uomo è infelice? Qual è la causa della sua infelicità?”. All'inizio Leopardi riteneva che la causa di questa infelicità fosse il progresso che, allontanando l'uomo dalla natura, avesse contribuito a distruggere tutte le illusioni che rendono sopportabile la vita. Questa prima teoria è presente nei Piccoli Idilli e viene chiamata “pessimismo storico” perché il poeta trova la causa dell'infelicità dell'uomo in un momento ben preciso della storia.
Man mano però il suo pessimismo crebbe e diventò più ampio: Leopardi trovò un'altra causa dell'infelicità dell'uomo, cioè la natura stessa. In questa ultima fase, il poeta credeva che la natura fosse cattiva con l'uomo e indifferente al suo dolore. Questo momento del pessimismo leopardiano è chiamato “pessimismo cosmico” perché il male è ovunque, in ogni aspetto della vita dell'uomo.
utilissimo grazie
RispondiEliminaGrazie utile
RispondiEliminaGrazie domani devo essere interrogato
RispondiEliminaGrazie utilissimo domani avevo il compito
RispondiEliminaGrazie, mi ha aiuto a comprendere meglio e a farmi uno schema per lo studio :)
RispondiEliminaGrazie!! Mi ha facilitato lo studio :)
RispondiEliminagrazieeeeee
RispondiEliminae
Grazie mi hai salvato pk la prof ci ha dato da fare un suo riassunto e il vostro è stato di grandissimo spunto
RispondiEliminaCIAO GRAZIE
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