Nel periodo napoleonico e, più tardi, sotto il restaurato governo austriaco, Milano fu il centro della vita culturale dell'intera nazione: molti intellettuali, infatti, vi giungevano da ogni luogo ritenendola l'unica città dove poter trarre guadagno e soddisfazione dal proprio lavoro.
Uno di questi intellettuali fu Giacomo Leopardi che, dal borgo di Recanati dove era nato, guardava quasi con invidia alle numerose iniziative culturali che avevano luogo a Milano in quegli anni e che così scriveva all'Abate Cancellieri "Chiunque abbia la fortuna di vivere a Milano può pubblicare qualunque cosa, avendo le spese coperte dagli editori [...]. Tutti possono pubblicare, mentre noi poveri infelici non riusciamo a pubblicare niente".
E in effetti a Milano era fiorita una consistente industria editoriale che non aveva concorrenti in altre città italiane.
Nel
Proemio alla
Biblioteca Italiana, l'editore Giuseppe Acerbi, riferisce dell'assoluta supremazia milanese sulle altre città citando i 653 titoli pubblicati nel 1816 a Milano contro i 114 del Regno di Napoli.
Un'altra iniziativa di grande successo su la
Società tipografica dei classici italiani, nata all'inizio del secolo con lo scopo di raccogliere una serie di scritti che celebrassero la cultura italiana.
La raccolta, che contava 249 volumi da Petrarca a Bembo al Guicciardini, fu pubblicata nell'arco di 12 anni.
No comments:
Post a Comment