L'uomo, controllando le carte geografiche, si accorge che la città non è segnalata da nessuna parte, ma Magalon, una guida locale, riesce a convincerlo e i due si danno appuntamento per il giorno dopo, per partire prima dell'alba.
Dopo un lungo viaggio in macchina attraverso il deserto, i due uomini giungono in prossimità di una città le cui mura, altissime e imponenti, si estendono per chilometri.
Di fronte a loro, ai piedi delle mura, ci sono decine di tende e una folla di vecchi e giovani, poveri e ricchi, uomini, donne e bambini, che attendono di poter entrare in città.
Incuriosito da quel mistero, il protagonista chiede a Magalon alcune informazioni e la guida spiega che non si sa quando le porte si apriranno e se lo faranno. Dice che nessuno all’interno delle mura risponde alle richieste di ingresso, ma le volute di fumo che si levano sopra la città rinnovano la speranza che qualcuno dall'altra parte prima o poi accoglierà i visitatori.
Magalon ricorda che ci fu un tempo in cui un mendicante riuscì ad entrare, dopo aver bussato ed ignaro che quella fosse una porta di Anagoor, attraverso una piccola ed insignificante porticina tralasciata dal mondo.
Alla fine del racconto il protagonista si dichiara stufo di essere rimasto lì per ventiquattro anni ad aspettare invano che le porte si aprissero e, mentre fa i suoi preparativi, viene apostrofato dagli altri come uomo frettoloso e senza pazienza.
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