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sabato 24 aprile 2021

PARAFRASI LE NERE SCALE DELLA MIA TAVERNA SANDRO PENNA

Le nere scale della mia taverna
tu discendi tutto intriso di vento.
I bei capelli caduti tu hai
sugli occhi vivi in un mio firmamento
remoto. 
Nella famosa taverna
ora è l'odore del porto e del vento.
Libero vento che modella i corpi
e muove il passo ai bianchi marinai.


PARAFRASI

Tu scendi le scale annerite della taverna che frequento spesso (mia) infreddolito dal vento. 
I tuoi bei capelli scendono sugli occhi vivaci che sembrano stelle del mio personale firmamento.
Nella celebre taverna adesso si sente l'odore del porto e del vento.
Il vento simbolo di libertà, che con le sue raffiche fa cambiare la posizione del corpo e affretta il passo dei marinai vestiti di bianco.


ANALISI METRICA

Lirica composta da un'unica strofa per 9 versi totali. 
Ci sono 8 endecasillabi, il 9 è spezzato e scritto su due righe (remoto. / Nella famosa taverna) Metro: otto endecasillabi (il quinto dei quali è spezzato e scritto su due righe).
Non c'è una struttura rimica fissa, ma sono presenti diverse rime nella lirica (taverna/taverna -vento/firmamento)

FIGURE RETORICHE

Anastrofe= v. 1 "Le nere scale... tu discendi..." - v. 3 "i bei capelli.... tu hai"  
Iperbato= v. 1 "Le nere scale.."
Apostrofe= v. 2 "tu
Enjambement= v 3/4 "tu hai/sugli occhi" - v. 4/5 "fimamento/remoto
Anadiplosi= v. 7/8 "vento.. vento"
Personificazione= v. 8 "Libero vento"
Ipallage= v. 9 "bianchi marinai" (marinai vestiti di bianco)



COMMENTO
L'autore descrive una scena di vita quotidiana, all'interno della taverna che è solito frequentare (mia taverna) dove entra un marinaio, portando con sè l'aria fresca della notte e l'odore del porto. 
La lirica si apre e si chiude con due aggettivi in antitesi: "nere" riferito alle scale della taverna e "bianchi" riferito ai vestiti dei marinai. Questo dà alla poesia una sorta di circolarità con sensazioni visive nette e contrastanti, dove non c'è spazio per le sfumature. 
E' una sorta di discesa agli inferi quella che il poeta descrive: una taverna sotterranea, probabilmente scura, fumosa, una scala annerita dagli anni, il vento freddo della notte; a far da contrasto a questo scenario piuttosto tetro è la figura che appare: il "tu" a cui il poeta si rivolge è infatti un'immagine delicata, viva, piacevole..
Nella poesia troviamo elementi legati alla sensazione olfattiva ("l'odore del porto e del vento") sia elementi che rientrano nella sfera personale delle impressioni dell'autore: i capelli sono belli, gli occhi sembrano stelle per quanto sono vivi e brillanti.  
Il vento è l'elemento centrale della lirica: foriero di sensazioni e profumi, affretta il passo dei marinai, li costringe ad assumere posizioni del corpo diverse per ripararsi dalle raffiche ("modella i corpi") e in qualche modo li spinge e li guida nel loro incedere.





giovedì 12 luglio 2018

PARAFRASI IL GARZONE CON LA CARRIOLA UMBERTO SABA

È bene ritrovare in noi gli amori
perduti, conciliare in noi l'offesa;
ma se la vita all'interno ti pesa
tu la porti al di fuori.

Spalanchi le finestre o scendi tu
tra la folla: vedrai che basta poco
a rallegrarti: un animale, un gioco
o, vestito di blu,

un garzone con una carriola,
che a gran voce si tien la strada aperta,
e se appena in discesa trova un'erta
non corre più, ma vola.

La gente che per via a quell'ora è tanta
non tace, dopo che indietro si tira.
Egli più grande fa il fracasso e l'ira,
più si dimena e canta.


PARAFRASI

E' bene ritrovare dentro di noi il senso dell'amore che abbiamo perduto;
perdonare le offese;
ma se ti senti oppresso da ciò che hai dentro di te,
esternalo/buttalo fuori.
Apri le finestre oppure scendi  
tra la gente: ti accorgerai che basterà poco
a farti sentire più allegro: un animale, un bambino che gioca,
o un ragazzo di bottega (garzone) vestito di blu che tenendo una carriola
si fa strada urlando fra la gente 
e se in una discesa trova una salita,
ecco che invece di correre sembra volare.
C'è tanta gente a quell'ora per strada e si lamenta al passaggio del garzone.
Lui invece, più le persone inveiscono si arrabbiano, più è felice e si dimena.


ANALISI METRICA

Lirica composta da 16 versi (endecasillabi e settenari) divisi in 4 strofe (sono quattro quartine) che rimano 
ABBA CDDC EFFE GHHG 


FIGURE RETORICHE
Enjambement: v. 1 "amori/perduti" - v. 5 "scendi tu/tra la folla" - v. 6 "basta poco/ a rallegrarti" - v. 16 "è tanta/non tace"
Metonimia: v. 7 "gioco" Il poeta qui usa la parola gioco per alludere ai bambini
Antitesi: vv. 3-4 "all'interno-al di fuori"
Anastrofe: vv. 8-9 "o, vestito di blu, un garzone" 
Iperbole: v. 12 "non corre più, ma vola"

venerdì 6 luglio 2018

PARAFRASI CITTA' VECCHIA UMBERTO SABA

Spesso, per ritornare alla mia casa
Prendo un’oscura via di città vecchia.
Giallo in qualche pozzanghera si specchia
Qualche fanale, e affollata è la strada.


Qui tra la gente che viene che va
Dall’osteria alla casa o al lupanare,
dove son merci ed uomini il detrito
di un gran porto di mare,
io ritrovo, passando, l’infinito
nell’umiltà.

Qui prostituta e marinaio, il vecchio
Che bestemmia, la femmina che bega,
il dragone che siede alla bottega
del friggitore,
la tumultuante giovane impazzita
d’amore,
sono tutte creature della vita
e del dolore;
s’agita in esse, come in me, il Signore.

Qui degli umili sento in compagnia
Il mio pensiero farsi
Più puro dove più turpe è la via.



PARAFRASI 

Spesso per tornare a casa, imbocco un vicolo buio della città vecchia.
La luce gialla dei lampioni si riflette nelle pozzanghere, la strada è affollata.

In mezzo al viavai della gente, che va dall'osteria verso casa o verso il bordello, dove le merci e gli uomini sono come rifiuti (detrito) di un grande porto di mare, io ritrovo l'infinito nelle cose umili.
La prostituta e il marinaio, l'anziano che bestemmia, la donna che litiga, il soldato di cavalleria (dragone) davanti al negozio del venditore di cibi fritti, la giovane impazzita d'amore; tutti loro sono creature nate dalla vita, dal dolore. In esse vive Dio, come vive dentro di me.

In mezzo a queste persone umili sento la mia anima diventare tanto più pura quanto più è immorale la strada.


ANALISI METRICA

Sono tre strofe costituite da versi imparisillabi (endecasillabi, settenari, quinari, trisillabi) legati in vario modo da rime e assonanze. (non c'è un vero e proprio schema metrico, ma non è nemmeno una lirica in versi liberi)
La prima strofa è è una quartina, la seconda è formata da quindici versi, la terza è una terzina.
La poesia ha un ritmo lento all'inizio, scandito da segni di interpunzione. In corrispondenza dell'undicesimo verso (al centro del componimento) si ha un' accelerazione del ritmo per poi rallentare di nuovo prima della terzina finale


FIGURE RETORICHE
Anastrofe: vv. 3-4 "giallo.... fanale" - v. 7 "son merci ed uomini il detrito" - v. 19 "s’agita in esse, come in me, il Signore"
Enjambement: vv. 3-4 "si specchia/qualche fanale"
Anafora: vv. 1-5-11 "qui" ripetizione dell'avverbio
Assonanza: vv. 1-4 "casa-strada" vv. 5-10 "va-umiltà"
Antitesi: v. 5 "viene-va" e v. 22 (ultimo verso) "puro-turpe"
Enumerazione: dal v. 11 introdotta dal "qui" elenco di personaggi:  "prostituta, marinaio, vecchio, femmina, dragone, giovane..."
Iperbole: v. 15 "tumultuante giovane impazzita d'amore"
Espressione ossimorica: vv. 10-11 "l'infinito nell'umiltà" (non un vero e proprio ossimoro)

venerdì 6 ottobre 2017

PARAFRASI DELLA POESIA ARIETTA DI ARNAUT DANIEL

Su quest'arietta leggiadra
Compongo versi e li digrosso e piallo,
E saran giusti ed esatti
Quando ci avrò passata su la lima;
Ché Amore istesso leviga ed indora
Il mio canto, ispirato da colei
Che pregio mantiene e governa.

Io bene avanzo ogni giorno e m'affino
Perché servo ed onoro la più bella
Del mondo, ve lo dico apertamente.
Tutto appartengo a lei, dal capo al piede, 
E per quanto una gelida aura spiri, 
L'amore ch'entro nel cuore mi raggia 
Mi tien caldo nel colmo dell'inverno.

Mille messe per questo ascolto ed offro,
Per questo accendo lumi a cera e ad olio:
Perché Dio mi conceda felice esito
Di quella contro cui schermirsi è vano;
E quando miro la sua chioma bionda
E la persona gaia, agile e fresca
Più l'amo che d'aver Luserna in dono.

Tanto l'amo di cuore e la desidero,
Che per troppo desío temo di perderla,
Se perdere si può per molto amare.
Il suo cuore sommerge interamente
Tutto il mio, né s'evapora.
Tanto ha oprato d'usura
Che ora possiede officina e bottega.

Di Roma non vorrei tener l'impero,
Né bramerei esserne fatto papa,
Se non potessi tornare a colei
Per cui il cuore m'arde e mi si spezza
E se non mi ristora dell'affanno
Pur con un bacio, pria dell'anno nuovo,
Me fa morire a sé l'anima danna.

Ma per l'affanno ch'io soffro
Dall'amarla non mi distolgo,
Bench'ella mi costringa a solitudine,
Sì che ne faccio parole per rima.
Più peno, amando, di chi zappa i campi,
Ché punto più di me non amò

Quel di Monclin donna Odierna.

Io sono Arnaldo che raccolgo il vento
E col bue vado a caccia della lepre
E nuoto contro la marea montante.





PARAFRASI

Scrivo versi su questa melodia leggera,
li smusso e li rendo armonici
e saranno perfetti solo quando vi avrò lavorato a lungo
come se usassi una lima per levigarli;
infatti è l'Amore stesso che rende le mie parole lisce come l'oro,
ispirate da colei che è guidata e retta dalla virtù.

Ogni giorno miglioro e mi perfeziono, perché,
lo dico chiaramente, servo e celebro la donna più bella del mondo.
Io le appartengo completamente, dalla testa ai piedi
e per quanto possa fare freddo, l'amore che entra nel mio cuore
coi suoi raggi mi tiene caldo durante il gelido inverno.

Per questo motivo partecipo a mille messe
e altrettante ne faccio dire io stesso,
per questo motivo accendo candele a cera e a olio,
affinché Dio faccia in modo che l'amore che provo per colei
da cui è inutile difendersi, abbia una conclusione felice.
E quando guardo i suoi capelli biondi,
la sua figura allegra, flessuosa e giovane,
sento di amarla più di quanto amerei ricevere in regalo la città di Luserna.

Io la amo e la desidero così tanto che ho paura di perderla,
proprio per il troppo volerla, se mai fosse possibile perdere qualcuno
per un desiderio eccessivo.
Il mio amore per lei ha occupato totalmente il mio cuore
e non sembra diminuire.
Lei è stata come un'usuraia che è riuscita a portarmi via
sia la casa che la bottega.

Non vorrei essere a capo dell'Impero Romano
e nemmeno essere fatto Papa
se sapessi di non poter tornare da colei
per cui il mio cuore brucia d'amore e sta per spezzarsi.
E se prima del nuovo anno non mi conforterà
anche solo con un bacio, allora mi farà morire
e si meriterà di essere dannata.

Ma nonostante io soffra così tanto,
non riesco a smettere di amarla, 
e visto che mi lascia da solo, 
compongo versi per lei.
L'amore mi fa soffrire più di coloro che faticano
zappando i campi, al punto che nemmeno Monclin
ha sofferto tanto amando Odierna.

Io sono Arnaldo, colui che raccoglie il vento,
che va a caccia della volpe con la lepre e
che nuota contro la marea crescente. 


ANALISI METRICA 

E' una canzone formata da 7 strofe ognuna di 7 versi, a parte l'ultima che è formata da 3 versi (quest'ultima strofa si chiama "congedo" o "commiato" ed ha funzione conclusiva).
I versi nella traduzione italiana sono liberi, ma nella versione in lingua d'oc di Arnaut Daniel seguivano uno schema ritmico fisso.






venerdì 28 marzo 2014

PARAFRASI PACE NON TROVO ET NON O' DA FAR GUERRA

Pace non trovo, et non ò da far guerra; 
e temo, et spero; et ardo, et son un ghiaccio;
et volo sopra ’l cielo, et giaccio in terra;
et nulla stringo, et tutto ’l mondo abbraccio.

Tal m’à in pregion, che non m’apre né serra,
né per suo mi riten né scioglie il laccio;
et non m’ancide Amore, et non mi sferra,
né mi vuol vivo, né mi trae d’impaccio.

Veggio senza occhi, et non ò lingua et grido;
et bramo di perir, et cheggio aita;
et ò in odio me stesso, et amo altrui.

Pascomi di dolor, piangendo rido;
egualmente mi spiace morte et vita:
in questo stato son, donna, per voi.


Parafrasi

Non trovo pace e non ho armi per combattere,
ho paura e spero, brucio (di passione) e sono gelato (per la delusione di non essere ricambiato)
volo in cielo (portato dall'amore) e giaccio sulla terra,
non ho niente e abbraccio tutto il mondo.

Qualcuno (Laura) mi tiene in una prigione che non mi apre ne' mi chiude, 
non mi tiene come suo prigioniero, ma nemmeno mi libera dai lacci
Amore non mi uccide e non mi toglie l'arma dalla ferita,
non mi vuole vivo ne' mi toglie dalla sofferenza.

Vedo senza occhi, non ho lingua, ma grido
desidero morire e chiedo aiuto
odio me stesso ed amo un'altra persona.

Mi nutro di dolore, rido piangendo
allo stesso modo mi dispiacciono la morte e la vita,
donna, sono in questo stato a causa vostra.

Analisi della poesia
Metrica
Sonetto con rime alternate nelle quartine---> ABAB, ABAB; 
e rime ripetute nelle terzine---> CDE, CDE.
Tema generale
Questa lirica è una delle più celebri del Canzoniere, scritto intorno al 1351-52.
Il tema centrale del sonetto è la frattura che l'amore provoca nel cuore e nell'anima del poeta: a causa di questo sentimento egli si trova a vivere uno stato altalenante di situazioni opposte---> questo stato è reso attraverso l'antitesi, cioè la figura retorica che contrappone due termini opposti (pace/guerra-fuoco/ghiaccio-vita/morte-etc.). 
Temi delle quartine--->
1 quartina= contrasto nell'animo del poeta in preda all'amore 
2 quartina=sottomissione del poeta all'amore
1 e 2 terzina=conseguenze di questo amore sul poeta
Nella prima quartina il protagonista è il poeta stesso (l'Io è il soggetto di tutti i verbi), mentre nella seconda è vittima di Laura e del sentimento d'amore che per lei prova.   
Sintassi
La sintassi usata dal Petrarca è estremamente semplice per dare maggior forza alla contrapposizione. Da notare che le proposizioni sono tutte coordinate proprio perché il poeta sente nel suo animo che tutte le contrapposizioni sono compresenti, senza che nessuna prevalga sull'altra (come avviene nel caso di principale e subordinata)
Figure retoriche
Alla base di tutto il sonetto vi è la metafora dell'amore come lotta interiore, per cui il poeta non ha armi per combattere, ma non può nemmeno trovare pace.
Serie di antitesi di cui si è già detto sopra
Chiasmo al v.1 (Pace non trovo, et non ò da far guerra)
Personificazione al v.7 (Amore)
Paradosso al v. 8 (Veggio senza occhi)
Ossimoro al v. 12 (piangendo rido)




sabato 5 ottobre 2013

ANALISI POESIA GALLINE DI GIOVANNI PASCOLI

Galline - Giovanni Pascoli

Al cader delle foglie, alla massaia
non piange il vecchio cor, come a noi grami:
che d'arguti galletti ha piena l'aia;
e spessi nella pace del mattino
delle utili galline ode i richiami:
zeppo, il granaio; il vin canta nel tino.
Cantano a sera intorno a lei stornelli
le fiorenti ragazze occhi pensosi,
mentre il granturco sfogliano, e i monelli
ruzzano nei cartocci strepitosi.

Parafrasi
In autunno (Al cader delle foglie), quando coloro che non sono contadini vivono da miseri (grami), la massaia ha l’aia piena di galletti, che le forniscono la carne, e di galline, che le danno le uova; e in più, il grano e il vino sono ben conservati nei loro posti (granaio e tino). 
La sopravvivenza è quindi è assicurata e si può essere contenti. Ed infatti, a sera, mentre spannocchiano il mais, le giovani cantano, anche se un velo di preoccupazione sembra adombrare i loro pensieri (occhi pensosi) e i ragazzi (monelli) saltellano sulle foglie secche, dimostrando così di poter godere di una serenità che altri non hanno. 

Analisi
La spannocchiatura in un'immagine dell'epoca
La scena è tratta dalla vita reale contadina: in autunno, infatti, al posto della veglia serale, tutta la famiglia si riuniva sull’aia per ripulire le pannocchie e ricavarne il granturco che sarebbe servito sia per l’alimentazione umana (se ne ricavava farina per la polenta), sia per quella animale (cibo per polli e maiali). La spannocchiatura era un’occasione di festa e veniva celebrata con i canti delle ragazze e con i giochi dei ragazzini che si rincorrevano e saltellavano sulle foglie secche del granturco. 

Da notare c'è anche il contrasto fra l'uso di aggettivi di registro piuttosto elevato se consideriamo l’argomento della poesia che è invece rurale, rustico: grami, galletti arguti, strepitosi. 
Infine va sottolineata la costruzione aggettivale "occhi pensosi" riferito alle ragazze che non dimenticano, pur nel momento dell’allegria, la serietà della vita.