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domenica 8 gennaio 2023

UCCELLINO DEL FREDDO PARAFRASI PASCOLI

Viene il freddo. Giri per dirlo
tu, sgricciolo, intorno le siepi;
e sentire fai nel tuo zirlo
lo strido di gelo che crepi.
Il tuo trillo sembra la brina
che sgrigiola, il vetro che incrina...
trr trr trr terit tirit...



Viene il verno. Nella tua voce

c’è il verno tutt’arido e tecco.
Tu somigli un guscio di noce,
che ruzzola con rumor secco.
T’ha insegnato il breve tuo trillo
con l’elitre tremule il grillo...
trr trr trr terit tirit...


Nel tuo verso suona scrio scrio,

con piccoli crepiti e stiocchi,
il segreto scricchiolettio
di quella catasta di ciocchi


Uno scricchiolettio ti parve

d’udirvi cercando le larve...
trr trr trr terit tirit...



Tutto, intorno, screpola rotto.

Tu frulli ad un tetto, ad un vetro.
Così rompere odi lì sotto,
così screpolare lì dietro.
Oh! lì dentro vedi una vecchia
che fiacca la stipa e la grecchia...
trr trr trr terit tirit...


Vedi il lume, vedi la vampa.
Tu frulli dal vetro alla fratta.
Ecco un tizzo soffia, una stiampa
già croscia, una scorza già scatta.
Ecco nella grigia casetta
l’allegra fiammata scoppietta...
trr trr trr terit tirit...



Fuori, in terra, frusciano foglie
cadute. Nell’Alpe lontana
ce n’è un mucchio grande che accoglie
la verde tua palla di lana.
Nido verde tra foglie morte,
che fanno, ad un soffio più forte...
     trr trr trr terit tirit...



A QUESTA PAGINA L'ANALISI DELLA POESIA


Il freddo sta arrivando. Uno scricciolo vola intorno alle siepi per annunciarlo e nel suo verso si sente lo stridore del ghiaccio che si spacca. Il suo canto sembra la brina che schricciola, il vetro che si incrina... 
trr trr trr terit tirit




L'inverno sta arrivando. Nella verso dello scricciolo si sente l'aridità e la secchezza dell'inverno. L'uccellino sembra un guscio di noce che rotola con un rumore secco. Il grillo, con le sue elitre tremolanti pare avergli insegnato questo verso breve che emette... 
trr trr trr terit tirit...


Nel suo verso puro e semplice, con piccoli crepitii e schiocchi, risuona lo stridore segreto delle larve che si nascondono in una catasta di legna. Sembra che tu possa sentire quel rumore mentre cerchi le larve.
Trr trr trr terit tirit...



Tutto il mondo intorno si screpola come se fosse rotto.  L'uccellino vola fino ad un tetto, fino ad una finesta. Da lì (dal tetto) sente rompere qualcosa di sotto, da lì sente spaccare qualcosa dietro il vetro. Dentro vede una vecchietta che sta rompendo gli arbusti secchi e l'erica. 
Trr trr trr terit tirit...

L'uccellino vede all'interno le prime scintille, poi vede divampare le fiamme del camino. 
Poi vola dalla finestra ad un cespuglio. Ecco un tizzone crepita, un ceppo già scoppietta, un pezzo di corteccia si stacca via dal tronco. Ecco nella casetta grigia che il fuoco scoppietta allegro.
Trr trr trr terit tirit


Fuori, sul terreno, le foglie cadute frusciano. Lontano sulla montagna c'è un grande mucchio di foglie in cui si trova il nido lanoso dell'uccellino.
Il nido spicca di colore verde tra le foglie morte che, sospinte da una raffica di vento, frusciano...
Trr trr trr terit tirit




lunedì 14 maggio 2018

PARAFRASI RIO SALTO PASCOLI

Lo so: non era nella valle fonda
suon che s’udia di palafreni andanti:
era l’acqua che giù dalle stillanti
4tegole a furia percotea la gronda.

Pur via e via per l’infinita sponda
passar vedevo i cavalieri erranti;
scorgevo le corazze luccicanti,
8
scorgevo l’ombra galoppar sull’onda.

Cessato il vento poi, non di galoppi
il suono udivo, nè vedea tremando

11fughe remote al dubitoso lume;

ma voi solo vedevo, amici pioppi!
Brusivano soave tentennando

14lungo la sponda del mio dolce fiume



PARAFRASI  

Lo so: il suono che si udiva non era quello di
nobili cavalieri che galoppano nella notte fonda, 
ma quello dell'acqua che, gocciolando dalle tegole,
picchiava forte sulla grondaia.

Pur sapendo che non fosse vero, vedevo passare i cavalieri erranti
sulle sponde che sembravano infinite;
vedevo le loro corazze scintillanti, 
vedevo le loro ombre riflettersi sull'acqua del fiume.

Quando poi il vento cessava, non sentivo più
il rumore del galoppo, né vedevo tremando i cavalieri fuggire 
nella luce incerta della notte;

vedevo solo voi, amici pioppi!
Frusciavano e ondeggiavano
lungo la sponda del mio amato fiume. 


TEMI

La natura= Il paesaggio è campestre, descritto in una notte di pioggia, quando Pascoli bambino immagina di vedere e sentire cavalieri medievali vagare per la campagna. La familiarità dell'ambiente sfuma allora nella fantasia, tanto che le sponde del piccolo corso d'acqua paiono al poeta "infinite" e le ombre della notte si trasformano in cavalieri dall'armatura scintillante. Solo nella parte finale della lirica c'è un ritorno alla realtà: il vento smette di soffiare, la pioggia si placa e tutta la natura torna a mostrarsi senza veli e ombre. Davanti a sé il poeta riconosce gli amici pioppi che, frusciando, ondeggiano nell'aria notturna lungo le sponde del fiumiciattolo da lui amato. 


Il Ricordo= La lirica appartiene a Myricae, raccolta di poesie dedicata al ricordo del padre, brutalmente ucciso nel 1867, quando Pascoli aveva solo 11 anni. Il poeta rievoca qui le sue fantasticherie di bambino, sicuramente influenzate dalla lettura dei grandi poemi cavallereschi di Ariosto e Tasso.
Il tema del ricordo è spesso presente in Pascoli, e di frequente egli rievoca momenti dolorosi della sua infanzia; in questo caso il ricordo è più dolce e delicato, anche se non manca una nota amara: la consapevolezza ribadita più volte ("Lo so" del verso iniziale, "pur sapendo" all'inizio della seconda strofa e quel "solo voi" alla fine della lirica) che quelle fossero solo le fantasie di un bambino. 


Il nido= I pioppi davanti a casa del poeta vengono definiti "amici", perché sono a lui familiari, rappresentano la casa, il nido. E anche del piccolo fiume ci fornisce una nota di vicinanza affettiva: lo definisce "amato", forse perché luogo di gioco e spensieratezza.
Quando la sua fantasia di fanciullo si interrompe, Pascoli ritrova davanti a sé l'ambiente in cui è cresciuto e dove vive: quel luogo di un'infanzia felice che sempre rimpianse e verso cui sempre desiderò tornare.






martedì 3 febbraio 2015

ANALISI POESIA NOTTE DI NEVE PASCOLI

Analisi, commento e figure retoriche della poesia "Notte di neve" di Giovanni Pascoli


Pace! grida la campana,
ma lontana, fioca. Là


un marmoreo cimitero
sorge, su cui l'ombra tace:
e ne sfuma al cielo nero
un chiarore ampio e fugace.
Pace! Pace! Pace! Pace!
nella bianca oscurità.

Parafrasi
Il suono della campana, mentre in lontananza nevica, sembra gridare pace! Laggiù, dove si trova un cimitero freddo, immerso nel silenzio, il cui chiarore emana una luce che si contrappone all'oscurità del cielo.
Pace, pace, pace, pace sembrano dire i rintocchi (della campana) nella notte imbiancata dalla neve.

Analisi metrica
Sono 8 versi ottonari, organizzati in un distico (i primi due versi) e una sestina (la strofa più lunga)
Rima interna= v.1 : campana, lontana
Anastrofe = v. 1 grida la campana (l'anastrofe è un'inversione nell'ordine normale sogg/verbo)
Enjambements= v.2 : Là/un marmoreo cimitero - v.3 : un marmoreo cimitero/sorge -v.4 : al cielo nero/un chiarore ampio
Anafora=v. 7 Pace!Pace!Pace!Pace!
Ossimoro = v. 8 bianca oscurità
Sinestesia = v. 4 l'ombra tace
Caspar David Friedrich, Cimitero dell'abbazia sotto la neve
Personificazioni= v. 1 la campana che grida - v. 4 l'ombra che tace
Chiasmo= Grida la campana (v.1) / l'ombra tace (v.4)

Commento
In questa lirica ritroviamo alcuni dei temi più cari al Pascoli: il paesaggio naturale, la morte, la ricerca della pace interiore. La ripetizione della parola "pace" accompagnata dal punto esclamativo richiama quel "grido" di cui si parla al v.1: il bisogno di pace, di tranquillità, di serenità è avvertito con urgenza dal poeta, è appunto quasi un urlo che egli sente dentro di sé, come un'ansia di liberazione.
La morte qui, come in altre liriche del Pascoli, è vista come il mezzo necessario perché questa pace finalmente giunga: solo la morte potrà liberare il poeta dai tormenti e dalla sofferenza.
Altro tema tipico sono gli agenti atmosferici che, come altrove la pioggia o la nebbia, esprimono il malessere interno del poeta. In questo caso è la neve a contribuire all'inquietudine interiore: a dispetto del suo candore, la neve accentua il contrasto con la notte, l'oscurità (cioè la morte) tanto invocata da Pascoli.
La morte è evocata, oltre che dai termini riferiti alla notte, anche dal campo semantico riguardante il silenzio e la pace (l'ombra tace, il cimitero, la bianca oscurità) che accompagneranno il poeta nel riposo eterno tanto desiderato.





martedì 18 marzo 2014

ANALISI POESIA LAVANDARE DI PASCOLI

Parafrasi ed analisi della poesia Lavandare di Giovanni Pascoli



Lavandare di Giovanni Pascoli

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
resta un aratro senza buoi, che pare
dimenticato, tra il vapor leggiero. 

E cadenzato dalla gora viene
lo sciabordare delle lavandare
con tonfi spessi e lunghe cantilene.

Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti, come son rimasta!
Come l'aratro in mezzo alla maggese



Le Lavandaie  - Auguste Renoir - 1889

Parafrasi
Un aratro resta abbandonato tra il vapore che sale dalla terra di un campo arato solo per metà, mentre da un canale si sentono i tonfi delle lavandaie che sciacquano i panni nell'acqua accompagnandoli con lunghe cantilene. Il vento soffia e fa cadere le foglie dagli alberi e tu, che sei andato via per non tornare più, mi hai lasciata qui, abbandonata e sola come l'aratro in mezzo al maggese.

Analisi stilistica
La poesia è formata da tre strofe (due terzine e una quartina di endecasillabi)
Nelle terzine le rime sono incatenate (aba cbc) e nella quartina alternate (dede) con rima per assonanza (frasca/rimasta). Sono presenti anche due rime interne (sciabordare – lavandare; dimenticato – cadenzato).
La poesia può essere definita circolare perché inizia citando l'aratro e termina con la stessa citazione

Figure retoriche:
Allitterazione in f/s=soffia, frasca
Onomatopea=sciabordare/tonfi.
Chiasmo=vento soffia/ nevica la frasca; tonfi spessi e lunghe cantilene.
Similitudine= come l'aratro in mezzo alla maggese
Metafora= nevica la frasca
Sinestesia= tonfi spessi.

Commento
Il paesaggio descritto dal poeta in questa lirica è un paesaggio rurale immerso in una sfumata luce mattutina.
Il contesto è caro al Pascoli: il mondo contadino, in questo caso la quotidianità delle lavandaie e il loro lavoro monotono e sempre uguale che accompagnano con canti lunghi e ritmati.
Più ampiamente vi si può leggere un senso di smarrimento e di solitudine che pervade chi attende una persona cara. L'aratro stesso diviene il simbolo di questo abbandono: esso giace in mezzo ad un campo arato solo per metà, così come una donna ferita, amata solo per metà, attende senza speranza il ritorno dell'amato.
Nella prima strofa prevale l'aspetto "visivo" del paesaggio: vengono infatti descritti i colori (grigio, nero, il biancore del vapore). Nella seconda strofa prevale invece l'aspetto uditivo (i tonfi, lo sciabordare, le cantilene). Nell'ultima strofa, invece, viene messo in luce il paragone fra l'aratro e le lavandaie.