Di "questione meridionale" si
cominciò a parlare subito dopo l'unità d' Italia, nel 1861--->
le differenze fra nord e sud erano evidenti (nord più moderno, ricco e industrializzato), ma la politica economica di quegli anni non ne tenne conto: semplicemente, le stesse norme, il sistema
fiscale, il liberismo negli scambi, la legislazione penale e civile
vennero adeguati a quelli del Piemonte Sabaudo.
In questo modo il sud
si ritrovò a subire una pressione fiscale che non era in grado di
sostenere; oltre a ciò, il regime liberistico travolse quel po’ di
sviluppo manifatturiero che aveva attecchito al Sud.
Le misure economiche, quindi, stancano il "basso popolo" che è sempre più povero e che, oppresso dalla fame, sconvolto dall'aumento delle tasse e
dei prezzi sui beni primari e costretto alla leva obbligatoria, inizia
a rivoltarsi, sviluppando un profondo rancore verso il nuovo regime e
soprattutto verso gli strati sociali che si avvantaggiarono degli
avvenimenti politici riuscendo ad ottenere cariche, impieghi e nuovi
guadagni.
Il Brigantaggio
Nacquero così bande di briganti, a cui
aderirono non solo braccianti disperati ma anche ex soldati
borbonici, ex garibaldini e banditi comuni. L'emergenza brigantaggio
assunse i connotati di una vera e propria
guerra civile, che costrinse lo stato italiano ad impiegare circa
120.000 soldati per reprimere la ribellione nelle provincie
meridionali.
Emigrazione di massa
In questi anni difficili si assiste ad
un'emigrazione senza precedenti, soprattutto verso l'America (il flusso migratorio si chiuderà intorno agli anni '20, quando gli Usa bloccarono a livello legislativo l'ingresso dei migranti).
Prima guerra mondiale
La prima guerra mondiale contribuirà
fortemente ad accrescere il divario tra Nord e Sud: le pressanti
esigenze belliche determineranno un'accelerata espansione
dell'industria pesante (armi, macchine da guerra, navi, etc.) localizzata nel Settentrione e quindi la
guerra alimenterà un flusso ininterrotto di trasferimento della
ricchezza del paese lungo la direttrice Sud/Nord.
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Canale di bonifica nel bacino di Metaponto |
Fascismo
Durante il fascismo ci furono alcuni
tentativi di modernizzazione del Sud (bonifiche di territori), ma nel
complesso non si riuscì ad ottenere granché.
La Cassa per il Mezzogiorno
La fine della II guerra e l'istituzione
della Repubblica rappresentano per il Mezzogiorno un momento di
profonda svolta: tra il 1949 e il 1950 si definirono alcune linee di
intervento per il Sud, fra cui una parziale riforma agraria e
l’istituzione di una Cassa per il Mezzogiorno. Poi si ritenne
anche necessario un intervento diretto e si arrivò a promuovere e a
realizzare alcuni grandi impianti industriali. I risultati
dell’azione della Cassa e di tutta la politica speciale successiva
non furono quelli sperati, pur essendo innegabile un processo di
sviluppo che, specialmente negli anni 1960, trasformò il quadro
stesso dell’ambiente meridionale. Negli anni 1950, inoltre, riprese
la grande emigrazione interrottasi alla fine degli anni 1920, diretta
questa volta verso l’Europa occidentale e l’Italia
settentrionale. Tuttavia si poteva osservare in tutte le regioni
meridionali un netto mutamento delle condizioni e del livello di
vita.
Gli anni '80
A metà degli anni 80 molti parlarono
di un ormai avvenuto superamento della questione meridionale, ma in
realtà nel mondo agrario, al crescente sviluppo di determinate zone, corrispondeva un abbandono generale
delle campagne che assumeva tutti i caratteri di una vera e propria
destrutturazione economica e sociale, a malapena compensata da una
politica di assistenza e di pensioni sociali e da un’artificiosa
diffusione di occupazione, soprattutto pubblica, scarsamente
produttiva o parassitaria.
Nel 1986 la Cassa per il Mezzogiorno fu
sostituita da un’Agenzia per la promozione dello sviluppo nel
Mezzogiorno, concepita secondo linee più snelle ma i cui risultati
non furono sostanzialmente migliori e alla fine fu anch’essa
soppressa, con il passaggio delle competenze meridionalistiche al
ministro del Bilancio.