"L'Agnese va a morire" è un romanzo di Renata Viganò, scrittrice bolognese che partecipò alla Resistenza Partigiana durante la Seconda Guerra Mondiale.
Le vicende sono ambientate nelle Valli di Comacchio, nei mesi precedenti alla liberazione dell'Italia da parte degli alleati.
Agnese è una donna di mezza età, fa la lavandaia ed è sposata con sposata con Palita, un uomo che non può lavorare a causa di una malattia contratta da bambino, ma che è molto attivo politicamente.
Un giorno Palita viene arrestato, probabilmente per aver dato ospitalità ad un disertore e viene portato verso i campi di prigionia. Ad Agnese, qualche giorno dopo, viene annunciata la morte del marito, avvenuta su un treno. Alla donna non resta che la gatta di Palita e l'odio profondo verso i tedeschi.
Una sera un soldato tedesco spara per gioco alla gatta di Palita e Agnese, in preda alla rabbia, lo colpisce con un bastone. Credendo di averlo ucciso, Agnese scappa e si rifugia presso una famiglia di partigiani dove inizia a collaborare con le forze della Resistenza.
Inizialmente la donna assume il ruolo di "mamma": cura i partigiani, lava per loro, cucina, si occupa delle faccende di casa. Poi viene arruolata come "staffetta", cioè per portare messaggi da un paese all'altro in bicicletta.
Un giorno Agnese incontra un gruppo di soldati e fra questi c'è anche Kurt. L'uomo la riconosce e le spara. Agnese muore così, d'inverno, fucilata in mezzo alla neve.
Di lei, dice l'autrice, non resta altro che un mucchio di stracci.
In realtà il messaggio del libro è molto profondo: Agnese rappresenta quella parte di popolo italiano che ha voluto combattere contro i nemici tedeschi. Il suo sacrificio è giunto fino a noi grazie alle parole del romanzo che ci fanno conoscere una donna umile, ma forte e coraggiosa fino alla morte.
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