La novella si sviluppa come un discorso che il protagonista rivolge ad un interlocutore anonimo, probabilmente un suo amico.
Fabrizio, questo il nome del protagonista, è convinto che la vita sia una trappola che conduce inevitabilmente alla morte. Le persone si danno una forma fissa e una consistenza che altro non sono che costruzioni artificiali, maschere che nascondono altre realtà, sempre diverse.
Continua dicendo che gli uomini si pregiano di considerarsi pieni di carattere e di non cambiare mai idea, ma questo modo di fare deriva soltanto dalla paura di scoprirsi diversi da quello che si è realmente. L'uomo, secondo Fabrizio, sceglie volontariamente di non vedere, di non accendere le luci su ciò che significhi davvero "vivere", perché ciò che scoprirebbe potrebbe spaventarlo come spaventano i fantasmi notturni.
Gli uomini, sostiene ancora, sono tutti già morti, perché fissi nei loro ruoli, sotto le loro maschere, ma non vivono davvero, non partecipano di quel flusso vitale che è appunto l'esistenza.
Addirittura paragona i bambini a dei piccoli morti e vorrebbe egli stesso non essere mai nato, compiacendosi di non avere mai conosciuto la propria madre. Fabrizio sostiene che le donne siano strumenti diabolici, congegnati per intrappolare gli uomini al fine di mettere al mondo altri infelici.
Confessa poi che a lui è capitato proprio di essere sedotto da una donna già sposata, il cui marito non poteva avere figli. Fingendosi misericordiosa si era introdotta in casa sua per dare assistenza al padre infermo e piano piano era riuscita nel suo intento: dopo un rapporto con Fabrizio, probabilmente rimanendo incinta, si era trasferita col marito in Sardegna.
L'uomo conclude invitando l'amico a guardare il padre nel letto, un uomo che ormai non parla più e non sembra capire cosa gli accade intorno, e manifesta l'intenzione di voler presto liberare lui, ma anche se stesso, dalla sofferenza del vivere.
Molto utile
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