Giuseppe Parini nasce in Lombardia nel 1729 da una famiglia di modeste condizioni economiche.
Studia a Milano grazie ad una piccola rendita lasciata da una zia e poi intraprende la carriera ecclesiastica, non per vera vocazione, ma per poter continuare gli studi.
Nel 1751 pubblica una raccolta di poesie, intitolata "Alcune poesie di Ripano Eupilino", ancora improntate ad un classicismo di tipo cinquecentesco (influenza dell'Arcadia).
Nel 1753 entra nell'Accademia dei Trasformati che era il centro culturale più importante della Milano illuministica---> i Trasformati volevano conciliare una cultura di impegno civile (tipicamente illuministica) con la tradizione classica.
Nel 1754 viene ordinato sacerdote e, sempre nello stesso anno, diventa precettore nella famiglia Serbelloni--->qui entra in contatto con l'ambiente nobiliare milanese e con le idee illuministiche francesi. Sono di questo periodo alcune delle sue odi più famose come "La Salubrità dell'aria". "L'Impostura" e "La vita rustica".
Nel 1757 pubblica il poemetto "Dialogo sopra la nobiltà" in cui due defunti, un nobile e un povero poeta, si trovano a dover condividere la stessa tomba.
Nel 1762 si licenzia dai Serbelloni ed entra (sempre come precettore) a casa Imbonati.
Nel frattempo aveva pubblicato anonimi due poemetti satirici in cui criticava l'oziosa nobiltà milanese: "Il Mattino" e "Il Mezzogiorno".
Nel 1768 gli viene affidato l'incarico di direttore della "Gazzetta di Milano", giornale ufficiale del governo austriaco e, nel 1769, ottiene la cattedra di lettere presso le Scuole Palatine.
Quando le scuole Palatine si trasferiscono nell'edificio che ospitava l'Accademia di Belle Arti a Brera Parini entra in contatto con il nascente movimento neoclassico che influenzò la produzione letteraria dei suoi ultimi anni.
Le riforme di Giuseppe II, figlio di Maria Teresa s'Austria, lo delusero moltissimo (soprattutto quelle relative alla cultura) e piano piano Parini smise di partecipare alla vita pubblica e di proseguire quell'impegno civile che aveva contraddistinto tutta la sua vita.
Negli ultimi anni scrisse altre odi come "Alla Musa" e "Il Messaggio" e continuò a lavorare alla stesura del "Vespro" e de "La Notte" (che dovevano essere la continuazione de "Il Giorno"), senza riuscire mai a completarle.
Muore il 15 Agosto del 1799.
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