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venerdì 1 novembre 2013

POESIE SUL MONDO CONTADINO

Giovanni Pascoli - Arano


Al campo, dove roggio nel filare
qualche pampano brilla, e dalle fratte
sembra la nebbia mattinal fumare,
arano: a lente grida, uno le lente
vacche spinge; altri semina; un ribatte
le porche con sua marra pazïente;

ché il passero saputo in cor già gode,
e il tutto spia dai rami irti del moro;
e il pettirosso: nelle siepi s'ode
il suo sottil tintinno come d'oro.


Giovanni Pascoli - Galline

Al cader delle foglie, alla massaia
non piange il vecchio cor, come a noi grami:
che d'arguti galletti ha piena l'aia;
e spessi nella pace del mattino
delle utili galline ode i richiami:
zeppo, il granaio; il vin canta nel tino.

Cantano a sera intorno a lei stornelli
le fiorenti ragazze occhi pensosi,
mentre il granturco sfogliano, e i monelli
ruzzano nei cartocci strepitosi.


Giovanni Pascoli - Lavandare

Nel campo mezzo grigio e mezzo nero
Resta un aratro, senza buoi, che pare
Dimenticato, tra il vapor leggero.

E cadenzato dalla gora viene
Lo sciabordare delle lavandare
Con tonfi spessi e lunghe cantilene:

Il vento soffia e nevica la frasca
E tu non torni ancora al tuo paese!
Quando partisti come son rimasta!
Come l’aratro in mezzo alla maggese.



Giovanni Pascoli - Il sogno del contadino 

Nella notte scrosciò, venne dirotta 
la pioggia, a strisce stridule, infinite:
e il tuono rotolò da grotta a grotta. 
Egli, il capoccia, avvolto nel suo 
mite, tacito sonno, non udiva. 
Udiva nascere l'erba. Vide le pipite verdi. 
Il grano sfronzò, quindi accestiva. 
Nevicava in suo sogno, a fiocco a fiocco; 
candido il monte, candida la riva. 
No, quel bianco eran fiori d'albicocco e di susino, 
e l'ape uscia dal bugno ronzando, 
e il grano già facea lo stocco. 
Anzi, graniva; ch'era già di giugno. 
La cicala friniva su gli ornelli. 
Egli l'udiva, con la falce in pugno. 
L'acqua scendeva stridula a ruscelli.

Gabriele D'Annunzio - I seminatori

Van per il campo i validi garzoni
guidando i buoi da la pacata faccia;
e, dietro quelli, fumiga la traccia
del ferro aperta alle seminagioni.
Poi, con un largo gesto delle braccia,
spargon gli adulti la semenza; e i buoni
vecchi, levando al ciel le orazloni,
pensan frutti opulenti, se a Dio piaccia.

Quasi una pia riconoscenza umana
oggi onora la Terra. Nel modesto
 lume del sole, al vespero, il nivale

tempio dei monti innalzasi: una piana
canzon levano gli uomini, e nel gesto
hanno una maestà sacerdotale.

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