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venerdì 7 giugno 2013

COMMENTO POESIA THE NEW COLOSSUS

The New Colossus

Not like the brazen giant of Greek fame
With conquering limbs astride from land to land;
Here at our sea-washed, sunset gates shall stand
A mighty woman with a torch, whose flame
Is the imprisoned lightning, and her name
Mother of Exiles. From her beacon-hand
Glows world-wide welcome; her mild eyes command
The air-bridged harbor that twin cities frame,
"Keep, ancient lands, your storied pomp!" cries she
With silent lips. "Give me your tired, your poor,
Your huddled masses yearning to breathe free,
The wretched refuse of your teeming shore,
Send these, the homeless, tempest-tossed to me,
I lift my lamp beside the golden door!"

di Emma Lazarus, New York, 1883

Traduzione

Il Nuovo Colosso

Non come il gigante di bronzo di greca fama, 
che a cavalcioni da sponda a sponda stende i suoi arti conquistatori:
Qui, dove si infrangono le onde del nostro mare
Si ergerà una donna potente con la torcia in mano,
la cui fiamma è un fulmine imprigionato, e avrà come
nome Madre degli Esuli. Il faro 
nella sua mano darà il benvenuto al mondo, i
suoi occhi miti scruteranno quel mare che giace fra due città.
Antiche terre, – ella dirà con labbra mute
– a voi la gran pompa! A me date
 i vostri stanchi, i vostri poveri, 
le vostre masse infreddolite desiderose di respirare liberi,
i rifiuti miserabili delle vostre spiagge affollate. 
Mandatemi loro, i senzatetto, gli scossi dalle tempeste, 
e io solleverò la mia fiaccola accanto alla porta dorata.  


L'incisione su rame del sonetto The New Colossus
Questa poesia, dedicata alla Statua che troneggia al centro della baia di New York, venne scritta da Emma Lazarus, giovane poetessa ebrea.
Era il 1881 quando a New York iniziarono ad arrivare i primi profughi ebrei, cacciati dalla Russia dopo l’assassinio dello zar Alessandro II. Per Emma, che era figlia di un ricchissimo mercante di New York e che fino ad allora aveva vissuto una vita dorata, protetta fra il lusso e i privilegi della sua classe sociale, fu come un risveglio: si rese conto di come poteva essere terribile la vita della sua stessa gente. Assistette con dolore all'arrivo delle navi dei profughi, vide il terribile spettacolo di gente lacera, digiuna, malmenata e perseguitata. La sofferenza che lesse negli occhi di quelle persone mosse in lei la voglia di lottare contro l'ingiustizia e il desiderio di affermare gli ideali di libertà e fratellanza. Si può dunque immaginare come Emma accogliesse la notizia dell'arrivo di una statua della Libertà da collocare nella baia di New York, e con quale ardore rispondesse all'invito, da parte del presidente del Comitato per l’accoglienza della “più grande statua del mondo”, di donare un suo manoscritto che, assieme a quelli di altri poeti, sarebbe stato messo in vendita ad un'asta pubblica, allo scopo di raccogliere i fondi necessari all'operazione.
La statua venne realizzata a Parigi, smontata in pezzi e
ri-assemblata una volta giunta a New York
Lo stesso Comitato aveva bandito un concorso per il miglior sonetto da incidere sul piedistallo della statua e fu proprio Emma a vincerlo. Lei che, forse più di altri, sentiva sulla propria pelle la tragedia di un popolo oppresso da pregiudizi secolari; lei che sentiva come proprio il terrore degli ebrei costretti ad emigrare in cerca di pane, di libertà, di sicurezza politica e di fratellanza.
Il sonetto venne composto nel 1883, quando Emma non aveva ancora veduto la statua e tre anni dopo,  il 28
ottobre 1886, quando il Presidente degli Stati Uniti, Grover Cleveland, scoprì la “Liberta che illumina il mondo”, Emma era in Europa, alle prese col terribile male che l'avrebbe uccisa pochi mesi dopo, il 19 novembre 1887.
Fu soltanto grazie all'interessamento di Georgina Schuyler che il sonetto venne inciso su una lapide affissa al piedistallo (poi  ricollocato, nel 1945, sopra l'ingresso principale della statua.)


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